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Netanyahu alla Corte de l'Aja?
''Si sospetta che la Corte si sia basata solo su fonti mediatiche per formulare la sua accusa...'' secondo il generale Tricarico
10-04-2025 - Che Benjamin Netanyahu non sia uno stinco di santo è più che probabile, ma non per questo ogni nefandezza del conflitto israeliano deve essergli attribuita, non per questo deve essere portato a L’Aja in manette senza che i presunti crimini siano sostenuti da un quadro probatorio, nel suo caso tutt’altro che chiaro.
Abbiamo visto altro quando la Corte si è mossa per reati così gravi: raccolta accurata di prove, testimonianze, documenti, immagini, più di un reportage di fonte indipendente.
Nel caso di Putin sono stati addirittura migliaia i fascicoli raccolti sul campo, che inchiodano il leader russo alle sue responsabilità; in Israele tutto questo non lo si è visto.

Non solo. Ma si fa fatica a credere alla solidità delle prove in mano ai magistrati, quando nessuna fonte veramente indipendente sia possibile immaginare nei luoghi dei fatti.
Nessun giornalista terzo ha potuto aver libero accesso alla striscia di Gaza, tutto ciò che è uscito da lì è stato di fonte palestinese; nessuna fonte aperta, comprese le agenzie internazionali, si sono guadagnate il crisma della credibilità; operativi di Hamas sono stati però scovati nell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, addirittura un medico di MSF (Medicins Sans Frontières), tale Fadi al-Wadiya si è scoperto essere un operatore esperto di razzi organico alla Jiahd Islamica a Gaza. Un vero e proprio campo minato dunque per qualunque serio investigatore.

Sarebbe interessante poi capire come i magistrati abbiano potuto valutare il comportamento dell’esercito a Gaza ai sensi delle norme internazionali, le quali appunto contemplano anche vittime civili purché il comandante in campo persegua un obiettivo militare legittimo e valuti la proporzionalità del suo atto rispetto all’incolumità dei non combattenti.
Una valutazione assolutamente complicata questa nello scenario specifico dove tutti - ma veramente tutti- gli obiettivi sono abbarbicati inestricabilmente ad insediamenti civili e considerando anche che IDF ha sempre usato, quando ha potuto, ogni mezzo per avvisare la popolazione di imminenti bombardamenti.

Se poi i crimini dovessero essere legati alle condizioni disumane in cui è stata a volte ridotta la popolazione, è auspicabile che i giudici abbiano ben valutato il fatto che gli aiuti umanitari, una volta entrati nella striscia, vengono assunti nel controllo totale di Hamas che ne fa, insieme a quelli provenienti dall’estero sotto altra forma, la fonte principale di finanziamento e di potere, impossessandosene, ed attivando un fiorente mercato nero o disponendone l’utilizzo a proprio piacimento.
Insomma un quadro complicato in cui mettere insieme un impianto accusatorio credibile.

Allora il sospetto che la Corte possa essere considerata, per Israele e solo per Israele, una sorta di succursale del Palazzo di Vetro e dei suoi verosimili pregiudizi verso Tel Aviv è più che giustificata.
Si pensi solo alla sua totale noncuranza rispetto alle oltre 3600 trasgressioni segnalate a New York da Unifil e comprovanti l’edificazione di una minaccia missilistica di Hezbollah ai confini nord di Israele sfociata, grazie anche alla totale inattività dell’ONU (quella si da spiegare), nelle operazioni conflittuali del 2023/24.
Se questi sono i fatti, -alcuni fatti-, il sospetto che la Corte si sia basata prevalentemente su fonti mediatiche per formulare la sua accusa contro Netanyahu è più che legittimo.
Come legittimo è anche interrogarsi se la perdita di credibilità degli organismi internazionali sia imputabile a certi attori regionali o non rientri invece nella più generale perdita di ruolo delle Nazioni Unite, iniziata ormai da tempo e confermata sistematicamente nelle troppe controversie ancora aperte.



Leonardo Tricarico
 
  


 
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