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Cap. 9- Ex Yugoslavia (Deny flight - Provide promise) CAOC - Liaison UNPROFOR HQ Zagreb
Un altro racconto avvincente di Alfredo Iannuzzi sulla sua esperienza in ambito NATO e ONU
30-04-2018 - Ma non tutte le ciambelle riescono col buco.
Cosi’ la Yugoslavia, uno dei Paesi comunisti, per la verità non ortodosso, tenuto insieme solo da artifici post bellici della seconda guerra mondiale, si sfascia violentemente e catastroficamente, a causa delle sue popolazioni di etnie dierse.
A sostegno del diritto all’auto determinazione dei popoli, le Nazioni Unite intervengono per proteggere le popolazioni civili vittime di una guerra fratricida e la NATO fornisce supporto aereo alle operazioni imponendo una NO FLY ZONE e garantendo rifornimenti di viveri e medicinali con un ponte aereo ed avio lanci nelle zone isolate.
Per l’occasione, un mese prima dell’inizio delle operazioni, il CAOC mobile computerizzato di Sembach si trasferì a Vicenza, presso il Comando V^ ATAF.
Assieme agli ufficiali americani, cominciammo al lavorare alla stesura del OPLAN (Piano Operativo) per il supporto aereo NATO alle truppe ONU nella ex Jugoslavia.
Il fulcro dell’operazione denominata “DENY FLIGHT & Provide Promise” fu quindi il Comando Aerotattico Mobile Americano di Sembach che, rischierato a Vicenza, divenne predecessore del “ Balkan CAOC” con nominativo radio “Charriot”.
Gli aeroporti militari italiani si riempiono di aviogetti di tutti i tipi provenienti da tutti i Paesi NATO ed il Mediterraneo di navi e portaerei delle loro Marine.

In fase preliminare, dunque, bisognava presentare al Comando ONU UNPROFOR l’ OPLAN NATO.
A Febbraio 1993, dopo una riunione lampo allo Sheraton di Francoforte, partimmo per Zagabria.
Un colonnello USAF rappresentante di SACEUR, un Group Captain dalla RAF in rappresentanza di CINCSUTH ed io, in rappresentanza del CAOC.

Siccome gli altri due avevano letto e studiato il Piano, ma non avevano partecipato alla sua stesura, toccò a me fare il briefing di presentazione al generale Nambjar (Indiano) comandante capo delle truppe ONU in ex Jugoslavia.

Alla fine della presentazione, il generale fece il seguente commento: “E’ evidente che questo piano risente dell’influenza americana. Per loro il mondo si divide in buoni da proteggere e cattivi da combattere “cowboy ed indiani”… bene, io sono qui da 2 anni e vi assicuro che qui i buoni non ci sono”.

Ovviamente, rimanemmo interdetti da questo commento inusuale ed inaspettato. Negli anni successivi, quando poi ebbi modo di seguire le operazioni sia da Vicenza che direttamente da Zagabria e Sarajevo, ripensai spesso a quel commento e capii che aveva ragione.
Così mi trovai a Vicenza, presso il CAOC Charriot, in turno con altri colonnelli (Turco, Americano ed Inglese) come Current OPS Director a dirigere il traffico (circa 150 voli al giorno) di nostri intercettori, ricognitori, Tankers, AWACS per la gestione della NO FLY ZONE ed il supporto al UNPROFOR e alle operazioni di soccorso alla popolazione Provide Promise.
E’ durante l’Operazione Deny Flight che nella NFZ (no Fly zone), per la prima volta nella storia della NATO, viene ordinato e portato a compimento l’ingaggio ed abbattimento di velivoli militari.
 Sono le sei di mattina, il turno di notte sta per finire, ho gia’ ricevuto dai “OPS Plans” la Flight Schedule per oggi a partire dalle otto che passero’ al Current Ops Director che mi dara’ il cambio.

Sto organizzando la flow chart, quando sul collegamento satellitare “Magic” (AWAC) mi informa che gli F16 in rientro verso il Tanker per rifornimento in volo, lasciando la No Fly Zone hanno un contatto radar con velivoli sconosciuti e che il contatto e’ confermato da Magic: “no ID” …. ordino “Shadow, and Identify” (seguire e identificare). Nel frattempo i piloti riportano contatto visivo con 4 velivoli tipo Galeb serbi in formazione d’attacco con rotta verso un villaggio bosniaco.
 Chiamo sul telefono rosso il generale Chambers capo del CAOC che mi risponde da sotto la doccia (si stava preparando per venire come tutte le mattine al suo posto di comando dietro le mie spalle). Mi dice di lanciare via radio il Warning di violazione della No Fly Zone e di attenermi alle procedure di ingaggio. Lui sarebbe arrivato a minuti.

Tutto si svolge in minuti...secondi…: lancio il warning radio… i piloti riportano tramite Magic che la formazione sta attaccando il villaggio… do l’ordine al Magic di iniziare l’ingaggio…pochi minuti e gli F16 riportano “ingaggio terminato 3 velivoli Galeb abbattuti, il quarto cercando di fuggire “crashed on a hill” (si e’ schiantato sulla collina).
Nel frattempo Chambers e’ arrivato; lo “relaziono” sull’accaduto e pochi minuti dopo i telefoni sono diventati roventi… tutti i Comandi superiori vogliono informazioni.

In quell’occasione ho conosciuto un Vero Comandante… Chambers mi ha detto: “continua il tuo lavoro a questi ci penso io… ben fatto Alfredo".
Credetemi, nonostante fossi smontato dalla notte, non riuscii a dormire, né durante il giorno e neppure la notte seguente a causa del pensiero che, seppur obbedendo agli ordini ed attenendomi alle procedure, avevo ordinato l’abbattimento di velivoli e causato la morte di piloti: il pensiero mi tormentava e tuttora se ci penso ho difficolta’ ad andarne fiero.

Il giorno successivo, quando sono montato in turno, ho trovato la targa con il mio nome decorata con tre insegne serbe e tutti mi facevano complimenti… addirittura il Capo di Stato maggiore generale Mario Arpino (che conoscevo personalmente da quando era a Cameri) mi telefono’ da Roma per congratularsi. Nel frattempo la stampa internazionale intervistava il Presidente Clinton che confermava di aver ordinato personalmente l’ingaggio, mentre la Lockheed Martin stampava a tempo di record una brochure per l’avvenimento “primo intervento reale di velivoli NATO nella storia”.

Personalmente, continuavo a pensare a quei piloti che stavano per bombardare un villaggio solo perché abitato da povera gente di etnìa diversa, ma anche alle loro famiglie che non li avrebbero più visti tornare.
 Chi pensa che per noi fare il proprio dovere sia sempre semplice e soddisfacente si sbaglia di grosso!
Nei mesi successivi, fui mandato a Zagabria come ufficiale di collegamento con il Comando UNPROFOR delle Nazioni Unite per il coordinamento della nostra attività aerea (NATO) di appoggio e copertura delle loro operazioni terrestri.

Quello che vidi e vissi in quei periodi fanno parte del mio bagaglio emotivo psicologico che non riesco a condividere se non con me stesso.
I rapporti tra NATO ed ONU non sono mai stati idilliaci durante tutta la campagna.
Durante i miei periodi a Zagabria due episodi inasprirono tali rapporti:
Una mattina, al briefing per la stampa, un "genio" di maggiore inglese dell’ONU disse che gli osservatori Caschi blu all’aeroporto di Tuzla avevano visto atterrare un C 130 che aveva scaricato merce non meglio identificata.
Questa notizia data alla stampa senza prima informarci fece saltare sulla sedia il CINCSOUTH (amm. Borda) comandante in capo delle nostre operazioni, il quale ordinò una indagine immediata.
 Da Vicenza arrivò un pilota della Navy (sicuramente dei servizi) con il quale ci recammo a Tuzla. Lì incontrammo un pilota di elicotteri norvegese (che a prima vista non ci parve del tutto sobrio) il quale dichiarò che in effetti lui non aveva visto alcunché, ma aveva sentito il rombo dei motori di un velivolo che, data la sua esperienza, doveva essere un C 130 prima in atterraggio e poi in decollo.

La successiva analisi del Ar Task Order ci fece scoprire che a quell’ora due nostri A6 Prowler avevano sorvolato la zona a bassa quota.

Il secondo incidente fu di gravità maggiore:
Sarajevo veniva regolarmente cannonata dalle colline circostanti dall’artiglieria serba. 
il Comando ONU ci chiese di intervenire bombardando l’artiglieria serba. Eravamo quindi autorizzati all’intervento, ma solo se i piloti avevano contatto visivo con cannoni a terra.

Il rappresentante politico delle Nazioni Unite (Mr. Akashy) ebbe la brillante idea di comunicarlo ai serbi.
Il risultato fu che loro continuarono a “cannonare" la città ed appena sentivano avvicinarsi i nostri Caccia Bombardieri si ritiravano di qualche metro nel bosco in modo da non essere in vista. E continuavano a sparare.

Poi il solito PR inglese disse alla stampa che la NATO non era stata in grado di intervenire nonostante il Comando ONU avesse dato l’autorizzazione.
Furono momenti al “calor bianco” con comunicati stampa da parte di entrambe le organizzazioni, scaricandosi la colpa l’un l’altro, perché quei bombardamenti fecero molte vittime tra i cittadini di Sarajevo.

In realtà ci fu un altro episodio che mi vide testimone indiretto, ma del quale preferisco non parlare: dico solo che dopo tale episodio il mio senso della vita cambiò definitivamente: mi resi conto che paragonare l’uomo alle bestie è talora offensivo per queste ultime.




Alfredo Iannuzzi
 
  


 
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