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Libia, guerra, mercenari. A che punto siamo nel 2021?
Ne parla il generale Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation
31-01-2021 - Nell'ultimo anno, le forze armate della Turchia sono state pioniere nell'utilizzo di nuove tecnologie militari come droni molto efficaci, metodologie di ricognizione, sistemi di difesa aerea e l’ampio ricorso ai mercenari. 
Sia in Libia, sia in Nagorno-Karabakh, queste innovazioni hanno permesso a chi era sostenuto dalla Turchia di invertire la situazione iniziale della guerra. 
Ma la cosa più preoccupante per l’Occidente è stata e rimane l’impegno di mercenari senza scrupoli da parte di un Paese alleato e membro della NATO. 
In Libia, la battaglia per Bengasi dal 2014 al 2017 è stata una lunga guerra interna di logoramento durata più di tre anni, che si è conclusa dopo una sanguinosa battaglia strada per strada, piena di vittime civili e di violazioni dei diritti umani, condotte da tutti i contendenti. Dopo una prima vittoria, il generale “ribelle” Haftar con il suo Esercito di liberazione Nazionale (LNA) ha condotto successive operazioni nella zona di Derna all'inizio del 2019 (questi scontri ancora una volta con violazioni dei diritti umani) ed ha poi iniziato un'offensiva nel sud della Libia che l'ha visto prima conquistare il più grande giacimento petrolifero del Paese e poi occupare le aree logistiche che in seguito avrebbero facilitato e sostenuto il suo assalto a Tripoli. 
Haftar era consapevole che il suo attacco sarebbe stato percepito in molti ambienti come una violazione del diritto internazionale ed equivalente a un attacco militare non provocato contro un governo riconosciuto a livello internazionale del Presidente Serraj (GNA: Governo di Accordo Nazionale)
Indipendentemente dall'animosità popolare che avrebbe creato tra i residenti di Tripoli, sperava in una rapida occupazione della capitale. Aveva bisogno che la sua azione fosse sia rapida sia relativamente incruenta per mantenere l'acquiescenza della sua base di appoggio tra le tribù orientali e non per alienare la popolazione di Tripoli che, sperava, avrebbe probabilmente accettato il suo governo.
Per come sono andate le cose, l’azione è stata tutt'altro che breve e veloce; l'assalto a sorpresa iniziale non ha suscitato le sperate defezioni di milizie maggiormente capaci e alleate con il GNA. Inoltre, l'assalto del LNA ha sofferto di una pessima visibilità nazionale e internazionale a causa della scelta strategica di Hafter di far iniziare lo stesso il 4 aprile 2019, subito prima della conferenza di Ghadames mediata dalle Nazioni Unite.
Quando Hafter ha iniziato la sua guerra a Tripoli, l'LNA ha dovuto affrontare un ambiente operativo difficile, caratterizzato da un'elevata densità di popolazione combinata con periferie urbane relativamente aperte e una caotica rete stradale interna che poteva facilmente portare a battaglie strada per strada e pesanti vittime civili se mai i combattimenti fossero arrivati al centro di Tripoli. Inoltre, a differenza delle forze islamiche disordinate, che aveva precedentemente affrontato a Bengasi o Derna, le forze anti-LNA nella regione occidentale erano relativamente meno ideologiche, meglio organizzate, più numerose e, soprattutto, molto meglio fornite ed equipaggiate. Possedevano artiglieria, carri armati, consiglieri stranieri professionisti e sistemi di difesa aerea - elementi che gli oppositori del LNA avevano evidentemente mancati a Bengasi e Derna. 
E’ in questo momento storico che inizia il massiccio impiego di mercenari nella guerra di Libia. 
Da circa maggio 2019 con il coinvolgimento principalmente di Turchia e Russia nel conflitto, sono arrivati in Libia mercenari dal Ciad e alcuni ribelli del Darfur
Poi, non sono mancate le forze di supporto sudanesi, i combattenti libici Toubou e ciadiani nel sud per difendere campi e piste di atterraggio e combattenti russi per lavori più tecnici. In particolare, la Turchia aveva iniziato a rischierare i terroristi mercenari anti-Assad dalla Siria, come truppe di terra già nel 2019, subito dopo la firma degli accordi marittimi e militari intercorsi con il GNA. Come detto, la maggior parte di questi combattenti apparteneva all'esercito nazionale siriano “reclutato” da Erdogan per affrontare il governo di Assad sostenuto da Mosca. La maggioranza proveniva da due formazioni: la Brigata Sultan Murad (composta in parte da turkmeni dell'area di Aleppo e autoproclamata come un gruppo "islamista") e la Brigata al-Sham (principalmente da Idlib e designata come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti).
Molti altri provenivano dalla Brigata al-Mu'tasim(Aleppo) e da Jabhat al-Nusra (una parte di al-Qaeda). Per la maggior parte, questi gruppi erano ben addestrati ed esperti nella cooperazione con il supporto al combattimento con le forza armate turche. Fino a metà gennaio, solo circa 1.000 siriani erano stati schierati, ma quelle cifre sono aumentate rapidamente e hanno raggiunto 10.000-12.000 ad aprile / inizio maggio, alcuni dei quali potenzialmente jihadisti incalliti che la Turchia voleva mandare velocemente fuori dalla Siria e dal suo territorio. A causa dei loro interessi nella Libia, i turchi non si sono limitati a introdurre i mercenari ma anche le già citate armi tecnologiche di notevoli “capacità militari”. Poiché tuttora paese NATO e con anni di esperienza nell'addestramento e nell'organizzazione di milizie siriane e nel rifornimento di difese aeree contro il governo siriano di Assad sostenuto dalla Russia, Ankara già possedeva sia le capacità tecniche sia strategiche necessarie soprattutto per l’uso dei letali droni nel combattimento. Questo ha dimostrato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che le norme internazionali e persino le risoluzioni delle Nazioni Unite non sono più in grado di impedire l'introduzione sfrenata di sofisticati sistemi d'arma e operativi in guerre civili precedentemente a bassa intensità e bassa tecnologia. Il governo turco non ha , quindi, mostrato nessun rispetto delle regole imposte da essere membro  di ONU e NATO.
Anche se è improbabile che le truppe di terra mercenarie vincano guerre civili in situazioni estreme, la guerra per Tripoli ha dimostrato sia che l'esito di un conflitto può cambiare radicalmente non appena i sostenitori di una parte sono disposti a contemplare un'escalation “non convenzionale e non rispettosa della Convenzione di Ginevra” maggiore di quella con cui i suoi oppositori sia che la “comunità internazionale” manca della determinazione e potere necessari per punire le escalation. Nel caso libico, sebbene l'LNA ed i suoi sostenitori, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia e Russia, siano stati visti da alcuni come gli aggressori nel conflitto, in seguito hanno mostrato una chiara mancanza di volontà per un'escalation indefinita. La Turchia, invece, possedeva le capacità, militari e non, necessarie per prevalere e poi è stata disposta adimpiegarle a seguito dei calcoli geopolitici entrati in gioco dalla fine del 2019.
Tutti questi atti - dall'aggressione iniziale alle successive escalation - si sono verificati nello stesso momento in cui tutti, in aperta malafede, affermavano di rispettare esteriormente l'embargo sulle armi. Se uno dei principali attori a livello mondiale, come l'UE, si tiene fuori da un conflitto alle sue porte - sia per ragioni legali sia morali - deve in seguito essere disposto a convivere con qualunque risultato emerga.
Sebbene molti Paesi europei fossero parzialmente coinvolti militarmente e diplomaticamente nella guerra civile libica, in particolare Francia, Italia e Grecia, l'UE come istituzione non ha trovato un modo coerente o efficace per mettere fine alla crisi in Libia, forse perché i loro governi erano “distratti” dal necessario contrasto alla pandemia proveniente dalla lontana Cina. In effetti, data la natura profonda degli interessi dell'UE in gioco e la vicinanza all'Europa, l'UE è stata notevolmente passiva durante la guerra libica e ora deve affrontare il problema di mitigare l'impatto negativo di una presenza turca e russa in Libia. 
Infine le due domande che dovrebbero togliere la serenità alle democrazie europee: “Dove andranno i tagliagole mercenari sponsorizzati dalla Turchia dopo le attività in Libia? Arriveranno in Europa, con un passaporto e una carta di credito, Turchi o addirittura Azeri, via Mediterraneo?
Infatti, è noto che alcuni di loro (ma non tutti) siano stati “reimpiegati” dalla Turchia in Nagorno Kabarakh a favore dell’Azerbaigian, ma gli altri non si sa dove siano…
 






Giuseppe Morabito
 
  


 
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