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Afghanistan, nel cuore di chi lo ha conosciuto
Intervista con Giovanni Salvioli che ha vissuto esperienze indimenticabili nel Paese degli aquiloni
24-08-2021 - Sino ad alcuni mesi fa, dell’Afghanistan pochi conoscevano la situazione.
Il nostro giornale ha pubblicato molti reportage realizzati nel corso di questi anni in cui si svolgeva la cosiddetta “missione di pace”, recandoci numerose volte nel Paese.
Sino all’ultimo giorno, l’8 giugno scorso, in cui assistemmo all’ammaina bandiera simbolico a chiusura della missione.
Per noi addetti ai lavori, l’aver lasciato l’Afghanistan di nuovo in mano ai taliban rappresenta una ferita profonda, per tutta la passione che abbiamo messo nel raccontare sia le attività dei nostri soldati impegnati a supporto della popolazione afghana, sia le storie degli Afghani, i loro sogni, le loro paure, soprattutto quelle delle donne.
Chi, come noi, sta soffrendo in modo particolare, è anche Giovanni Salvioli, viaggiatore coraggioso, che dell’Afghanistan ha conosciuto angoli remoti, cultura, gente particolare…un viaggiatore , appunto, non solo un turista.
In questi giorni cosa sta provando Giovanni?  
“Sono trascorsi diversi giorni dalla presa del potere da parte dei talebani. La situazione a Kabul sembra peggiorare di giorno in giorno. Posso solo immaginare ciò che starà succedendo nelle zone più remote del Paese, lontane dalla capitale. E con il passare del tempo sempre maggiore è il sentimento di tristezza, ma anche di amarezza per mi pervade, alimentato ogni giorno dalle immagini che ci arrivano in TV. La sofferenza del popolo afghano non è cosa recente, ma a questa non ci si abitua mai; credo che il percorso intrapreso negli ultimi venti anni, qualche forma di “normalità” l’abbia data; è la paura di perderla che rende esasperata la reazione di molti. Il mio pensiero va alle persone incontrate, con molte delle quali sono rimasto in contatto; tutte, nessuna esclusa, mi riferiscono di essere spaventate e preoccupate, impaurite nonché deluse dal succedersi degli eventi. Ma è un pensiero rivolto anche a tutti gli “invisibili” ai media, perché lontani dalle città, distanti dalla pur sempre precaria “normalità” a cui accennavo. Spero che, una volta finito il polverone sollevato delle azioni legate alla presa del potere da parte dei taliban che si sentono vincitori, non si spengano i riflettori sul Paese, ma che invece, seppur dall’esterno, lo si continui a supportare appoggiandone il recupero di quanto in questi giorni viene distrutto”.

Cosa ricorda in modo particolare dell’Afghanistan?
“Tanti i ricordi delle persone e dei luoghi ricche di storia e tradizioni interessantissime. Nonostante la velocità con cui il tempo passa sia tale da far sembrare che il tutto sia avvenuto molto tempo fa, ricordo perfettamente ogni giorno trascorso in ognuno dei posti visitati. Gli incontri con le genti del posto, incuriosite quanto noi delle reciproche culture e stili di vita, rimarranno un ricordo indelebile, ciò che mi ha fatto innamorare dell’Afghanistan…”

Quali luoghi ha visitato?
“Sono stato in Afghanistan in due occasioni abbastanza recenti: nel 2018, in occasione della maratona (ahimè, una vera corsa di montagna; finirla, diciamo così, per me che non sono mai stato uno sportivo, non era una priorità; come si è soliti dire, l’importate era partecipare…) nella zona dei laghi Band-e-Amir, posto incantevole, di una bellezza unica.
//www.cybernaua.it/photoreportage/reportage.php?idnews=7019
Ci si spostava da Kabul verso Bamiyan con i voli e velivoli ONU, dato che, in quel periodo, le linee aeree locali si erano fermate a terra, in seguito all’attentato all’hotel Intercontinental di Kabul. In un’altra occasione, un anno dopo, ho avuto modo di visitare le città più importanti. Facendo base a Kabul, che offre davvero tanto al viaggiatore, ho preso un volo che mi ha condotto a Mazar-e-Sharif ove avuto occasione di assistere ad un incontro di Buzkashi, il gioco nazionale afghano; e poi mi sono recato a Bamiyan, luogo storico e famoso per quelli che furono i grandi Buddha scavati sulle montagne circondanti e poi distrutti dalla furia iconoclasta dei talebani. Sono stato nelle valli e sui monti del Panjshir, altro luogo magico dove ha sede il mausoleo e la tomba di Massoud, vero eroe della maggior parte degli afghani. Infine Herat, con le sue moschee e ancora siti pieni di storia e tradizioni.
In partenza dall’aeroporto di Herat, non ho resistito alla tentazione di “rubare” una foto in aeroporto (ovviamente vietatissimo da fotografare) del perimetro esterno della base dei nostri soldati di stanza nell’area; la scritta “Welcome to Herat” e lo sventolare del Tricolore mi aveva commosso. Altri posti avrei voluto visitare, ma così non è stato perché risultava troppo alto il rischio rapimento e attentati. Prime fra tutte la bella Kandahar (prima o poi ….).”

Personaggi, uomini o donne particolari con cui si è relazionato?]
“Sono davvero tanti gli incontri fatti. La maratona, organizzata nei dintorni di Bamiyan da organizzazioni non governative straniere allo scopo di coinvolgere nello sport le donne di tutte le età assieme agli uomini e ai ragazzi, mi ha permesso di incontrare e parlare con molte delle partecipanti, alcune giovanissime e provenienti da diverse province del Paese. Ho potuto scambiare con loro le esperienze di vita, di parlare dei loro allenamenti alla corsa in località nascoste ed in orari “improbabili”, per poter stare al sicuro da azioni volte a contrastarle e del loro impegno negli studi e dei loro sogni. Tutte, indistintamente, stanno vivendo con forte preoccupazione i tragici avvenimenti in corso.
Come non ricordare l’incontro con il noto “Libraio di Kabul”, nella sua fornitissima libreria; persona coltissima, ho ascoltato a lungo il racconto di alcune delle vicissitudini della famiglia nel corso dei decenni. Speriamo non si ripeta quanto già accaduto più di vent’anni fa, quando i talebani avevano cercato di distruggere tanti dei suoi libri (ma non tutti, alcuni ancora gelosamente protetti e tenuti nascosti).
E poi il Mujaheddin, oramai anziano ora venditore di tappeti, il rabbino della sinagoga di Kabul (unica in Afghanistan e, strano a dirsi, ben conosciuto ed in buoni rapporti con tutti), i sufi delle moschee. Nei giorni trascorsi nel Paese, sento di aver avuto tantissimo, ma sono consapevole che molto tempo ancora sarebbe necessario per comprendere veramente l’Afghanistan e la sua complessità. Ci tornerei eccome, anche domani.”



Maria Clara Mussa
 
  


 
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