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Facebook e l'oscurantismo culturale
A colloquio con Alberto Alpozzi, fotoreporter e giornalista storico a cui Facebook ha chiuso il profilo eliminando tutto, foto, commenti, chat, condivisioni

20-11-2019 - Il collega Alberto Alpozzi, fotoreporter e giornalista storico, da anni è impegnato nella ricerca sulla storia coloniale italiana.
A tale riguardo, ha pubblicato un numero speciale anniversario della rivista “L'Italia Coloniale che sta ottenendo notevole riscontro.
E' autore anche di un saggio sul colonialismo, Il faro di Mussolini anch'esso di grande successo, da parte di lettori interessati a conoscere in modo più approfondito la storia di quei tempi.
Alpozzi inserisce nel proprio profilo su Facebook post riguardanti la ricerca, interessanti e attinenti in modo veritiero ai fatti accaduti.
Però accade che sia i post, sia il profilo dell’autore vengono periodicamente oscurati con l’accusa da parte di Facebook di essere contenuti che incitano all’odio.
Boicottato anche dall'ANPI con una campagna contro la sua pagina di Facebook ‘’Italia Coloniale’’ che per settimane subì un’operazione di ‘’shadow banning’’, cioè di riduzione di visibilità sul social.
Quando, addirittura, non accusato di ''attività terroristica’’, con blocco di pagine o post riportanti la parola “coloniale” o “coloni”.
Ne parliamo con Alberto, per capire.
Come prosegue la tua ricerca?:
Le mie ricerche in ambito coloniale proseguono indipendentemente dalle prevaricazioni di Facebook, dalla segnalazioni di singoli individui e dai continui oscuramenti delle mie pagine sociali dedicate. Facebook è solamente lo strumento per la condivisioni del mio lavoro.
Vi divulgo e condivido le mie pubblicazioni per raggiungere e coinvolgere il maggior numero di interessati.
Fino a un paio di anni fa, prima che iniziasse questa odiosa censura a senso unico, con la prima pagina dedicata al ''Faro di Crispi'', soggetto del mio primo libro “Il faro di Mussolini”, con 21.000 iscritti, raggiungevo quotidianamente 250-300.000 mila persone con punte anche di 500.000.
//italiacoloniale.com/ordina-il-faro-di-mussolini/
La pagina mi è stata chiusa da un giorno all'altro, perché si sosteneva, senza appello e contraddittorio, che istigasse all'odio razziale.
Le mie ricerche fanno base sul sito ufficiale “l'Italia coloniale'': //italiacoloniale.com/2019/02/12/come-litalia-fascista-industrializzo-lafrica-quinto-volume-della-collana-romanamente/ al quale afferiva la relativa pagina Facebook con 11.000 iscritti, chiusa recentemente, sempre con motivi pretestuosi quanto assurdi, figli di un'ideologia che vuole imporre un pensiero unico, senza lasciare spazio a chi svolge ricerche, come me e molti altri, producendo documenti d'archivio che svelano un volto diverso del colonialismo italiano, rispetto a quello che per decenni ci è stato imposto da parte di una storiografia politicizzata e mercenaria”.
Come riesci a coprire le spese per affettuare le tue ricerche?
A tal proposito le mie ricerche sono totalmente autofinanziate dalle mie pubblicazioni che utilizzo come veicolo di informazione. Nell'ultimo anno ho prodotto una collana storica, a tema coloniale, dal titolo “Romanamente” che ad oggi conta già 10 volumi.
Ogni volume raccoglie decine di immagini fotografiche a tema mai pubblicate sino ad ora, che mostrano e dimostrano come la storia coloniale italiana non sia esattamente quella che ci hanno presentato. E' evidente che questo lavoro di ricerca d'archivio stia disturbando qualcuno, tanto che si dà tanta pena per continuare a segnalare tutti i miei post su Facebook, affinché io sia messo definitivamente a tacere
”.
Vogliamo anche sapere come tu stia lottando contro le accuse da parte del social network.
Contro Facebook non si può lottare. Siamo ospiti di una piattaforma privata che fa finta di fornire un servizio pubblico. Teoricamente sarebbe una utility ed invece ultimamente direi che si è trasformata in editore: decide quali siano i contenuti permessi e condivisibili, chi può farne parte e chi no. Non c'è modo di dialogare con qualche responsabile per far valere le proprie ragioni o almeno capire che cosa, precisamente, si può pubblicare o scrivere senza incorrere in continui blocchi e ban.
Pochi giorni fa mentre creavo una pagina nuova – Coloni – ho scoperto che parole come “coloni” e “colonialismo” siano parole vietate da Facebook. Non solo questa piattaforma, che possiede il monopolio della condivisione delle informazioni a livello globale, decide cosa si possa condividere o meno, ma sta eliminando anche tutta una serie di parole per impedirci di formulare dei pensieri su un dato argomento. Stiamo arrivando al controllo dei pensieri: se non puoi scriverlo, smetterai di parlarne e quindi di pensarlo. Follia? No realtà del pensiero unico.
Questa estate mi è stato disabilitato per sempre il mio profilo privato. Ero iscritto a Facebook da 17 anni, avevo 5.000 contatti: tutto perduto per sempre. Foto, commenti, chat, condivisioni “distrutti” da Facebook.
Stessa sorte per le mie pagine storiche che hanno disabilitato comunicandomi che non rispettavano gli standards della community. Stop, perdi tutto: immagini, video e soprattutto i contatti. Un danno incalcolabile e non puoi farci nulla
”.
Quali riscontri hai da parte dei tuoi lettori?
Si dice che la storia non interessi e che non piaccia. Non è vero. Dipende da come la si racconta e la si presenta. Ho imparato, grazie ai miei lettori, che le persone sono esauste di giudizi e di storici prezzolati che gli indichino cosa devono pensare. I lettori vogliono conoscere i fatti, non l'interpretazione ideologica di chi scrive.
Siamo sommersi da libri storici asserviti alla politica che in maniera ridondante e ossessiva pubblicano costantemente gli stessi temi soffermandosi sempre e solo sugli aspetti negativi noti e ormai consegnati alla storia per quello che furono.
Io svolgo ricerche concentrandomi sugli uomini e sulle loro opere, sulle loro vite nelle colonie italiane. In una parola: la creazione. Non è mia abitudine commentare e giudicare quanto divulgo. I fatti parlano da soli e i lettori sono sufficientemente intelligenti da essere in grado di formarsi una loro coscienza critica senza che io indichi loro cosa pensare.
Credo sia questo che mi abbia portato ad avere un grande seguito, in Italia e all'estero, e il supporto di molti appassionati che non solo acquistano le mie pubblicazioni, ma spesso fanno donazioni affinché io possa proseguire le mie ricerche
".
Considerando quanto ci ha raccontato Alpozzi, non vogliamo definire coloro che vedono i fatti storici accaduti come negazionisti della Storia, perché spesso è sufficiente quantificarne la dose di cultura respirata in famiglia e nella scuola; ma neppure vorremmo ripiombare nell'oscurantismo culturale che tanto ci fece inorridire quando, giovani studenti, leggevamo del tempo dell'Inquisizione o degli incendi ad alte fiamme di libri requisiti, accaduti per mano dei terroristi islamici, ma anche in Europa in date non troppo lontane.









Maria Clara Mussa
 
  
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