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foto di: archivio cybernaua
Massima attenzione nel medio oriente
Il parere di Giuseppe Morabito: un peggioramento grave della situazione potrebbe suggerire un rientro anticipato dei nostri militari

04-01-2020 - Qassim Suleimani, comandante della Forza delle guardie rivoluzionarie paramilitari iraniane di Quds, gruppo terroristico e Abu Mahdi al-Muhandis, definito terrorista dagli USA, sono stati uccisi in un attacco con drone USA vicino all'aeroporto di Baghdad
La risposta immediata è stata la discesa in piazza di migliaia di Iraniani, che protestano accusando Trump e gridando morte all’America.
L’ambasciata americana Baghdad sollecita i cittadini americani a lasciare l’Iraq immediatamente.
Le compagnie petrolifere straniere nella regione irachena di Bassora vicino al confine con Iran hanno ordinato l’evacuazione di decine di dipendenti.
Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha comunicato che sono state innalzate le misure di sicurezza dei contingenti dove operano i soldati italiani e, inoltre, sono stati limitati al minimo gli spostamenti al di fuori delle basi”.
//www.cybernaua.it/news/newsdett.php?idnews=7743
Al tema, interessante e preoccupante allo stesso tempo, occorre dedicare la massima attenzione.
Abbiamo chiesto al generale Giuseppe Morabito, membro della NDCF (Defence College Foundation), di fornirci una sua rappresentazione della situazione:
Che situazione si prospetta per il futuro?
Tutto il territorio dell’Iraq, escluso il Kurdistan Iracheno, può diventare “terreno minato” dopo l'attacco Usa, soprattutto per la presenza diffusa in tutto l'Iraq di milizie sciite, a partire dalle Hashd el Shaabi che il governo Iracheno ha, nel tempo, in parte integrato in parte nelle sue Forze Armate. In particolare riveste importanza la capacità di rapportarsi con i vertici delle Forza Armate Irachene che, per certo, conoscono chi e dove sono accasermate le milizie sciite. Va fatto a tutti i livelli non solo a quello strategico (Stati Maggiori) ma anche a quello operativo e tattico (per gli addestratori).
Inutile nascondere il fatto che Sulemaini era, in buona sostanza, a capo di uomini senza scrupoli che sono stati addestrati a combattere senza regole e assomigliano molto ai “tagliagole” sunniti di Isis. Non posso apprezzare al momento la capacità di questi terroristi di proiezione fuori dalla loro area di attività ma certamente sono in grado di sviluppare attività terroristica e di guerriglia e di interdire ampie aree dell’Iraq al libero movimento e attività sia civile sia militare
”.
 I nostri militari impegnati nell'operazione Prima Parthica, inseriti nell'ambito del Combined Joint Task Force – Operation Inherent Resolve, cosa dovranno fare, restare chiusi in base?
Innanzi tutto vorrei inquadrare lo scenario, dove operano circa mille italiani. Un contingente di Carabinieri è dispiegato a Baghdad allo scopo di svolgere attività addestrative a favore della polizia irachena. Come in tutto il mondo, gli Italiano sono apprezzati e per lo più svolgono il servizio in zone sicure. La situazione sia degli addestratori a Erbil, nel Kurdistan Iracheno, sia del personale nella base dell’Aeronautica in Kuwait non desta, a mio avviso, particolare preoccupazione se s’innalzeranno i già presenti livelli di attenzione.
Chi rischia di essere oggetto o essere coinvolto per vicinanza operativa in una possibile rappresaglia è il contingente di truppe speciali, nella base a Kirkuk e a nord di Baghdad. La cosiddetta Task Force 44 è comunque composta da personale preparato e addestrato a reagire/proteggersi a qualsiasi forma di attacco.
Alla domanda su cosa possano fare militari chiusi in base la risposta è: nulla se non diventare un facile bersaglio per un eventuale atto “offensivo”. A mio parere bisogna continuare a operare, con massima attenzione e coordinandosi con gli Iracheni, ma non essere passivi o addirittura abbandonare il campo. Si devono limitare gli spostamenti non prioritari, ma assicurare quelli che servono a raggiungere il compito affidato ai nostri militari
”.
Lei pensa che potrebbero nascere problemi e ripercussioni per l’Italia? 
Un peggioramento grave della situazione potrebbe suggerire un rientro anticipato dei nostri militari.
Questa è una decisione politica che deve essere presa a prescindere da eventuali incidenti a venire.
Il disimpegno dopo un attacco agli italiani sarebbe una vittoria per i terroristi sciiti e la credibilità dell’Italia scenderebbe di molto.
Osservo con commiserazione anche alcuni atteggiamenti filo iraniani di personaggi politici italiani di medio rilievo. Concordo assolutamente con la forte richiesta di un intervento diplomatico unitario dell’UE, ma mi permetto di biasimare chi vuole mettersi in mostra dimostrando vicinanza al capo di terroristi sanguinari. Ne è prova certa che con il comando di Soleimani le truppe iraniane e irachene hanno fermato l’avanzata di Isis; ma certamente questi soldati non avevano agito nel rispetto delle convenzioni internazionali, ma si erano uniformati allo stile dell’avversario.
A mio parere sarà necessario nel breve assumere una decisione, qualunque essa sia e poi rimanere fermi. Il Segretario di stato USA Pompeo non ci sta tenendo in grossa considerazione proprio per questo motivo. Serve un segnale forte
”.
Lei pensa che, data la situazione incerta del Medio Oriente, si sia forse cercata la scusa per dare fuoco alle polveri?
Soleimani è il personaggio che molti accreditano come elemento trainante della buona riuscita della politica iraniana in Medio Oriente. Sia per suoi sostenitori sia per gli avversari, Soleimani è stato l'uomo che ha consolidato l'influenza iraniana in Medio Oriente, completando il sogno delle Sciite Crescent cioè la continuità territoriale senza soluzione di continuità tra il Mediterraneo e Teheran (Libano con Hezbollah, Siria con Hassad, e quindi Iran) e ottenendo di conseguenza logica il rafforzamento del peso diplomatico di Teheran in tutta l’area e in particolare in Iraq e Siria, i due Paesi dove le forze armate di Washington sono schierate.
A mio parere quindi, non si tratta di una scusa per dare fuoco a delle polveri già sufficientemente compresse nell’area e quindi a rischio esplosione.
Il problema medio-orientale al momento è costituito dall’asse Putin/Erdogan e il loro tentativo di divenire l’ago della bilancia dell’area (tra pochi giorni ne sapremo di più dopo il loro incontro).
La partita in Libia segue quella in Siria oramai quasi chiusa con il sacrificio dei Curdi. Chi al momento plaude all’iniziativa USA è Israele che ne trae vantaggio in quanto è stato eliminato l’ideologo della distruzione dello stato ebraico.
In parallelo anche in Arabia Saudita e in quasi tutta la penisola arabica pare vi sia pacata soddisfazione per l’azione americana in quanto Riyadh aveva sempre individuato in Soleimani l’artefice principale del fallimento della sua strategia in Siria, che aveva come scopo sia la caduta del presidente Bashar Assad, sia il limitare l’accresciuta influenza di Hezbollah in Libano.
Tra compiaciuti, scontenti e arrabbiati per i fatti di Baghdad il Medio Oriente rimane comunque in subbuglio. Il prezzo del petrolio è subito aumentato facendo felici i produttori (Russia in primis) senza tangere l’autosufficienza USA.
La prossima mossa tocca a Teheran e, come detto, mi sorprenderei, ad esclusione di possibili lupi solitari/mavericks che possono agire anche in occidente, non avvenisse proprio in Medio Oriente o nell’area del Golfo.
Non va dimenticato che il 21 febbraio si vota in Iran e chi vuole mantenere il potere deve passare come uomo forte del Paese…anche se le elezioni in quel Paese assomigliano molto a quelle fake già viste nell’area
”.








Maria Clara Mussa
 
  
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