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Braccio di forza tra Iran e USA
Colloquio con il generale Pasquale Preziosa già Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica

18-01-2020 - La maggior parte dell’opinione pubblica è preoccupata per il disaccordo tra Stati Uniti, Iran e gran parte del Medio Oriente, espresso ultimamente in azioni tragiche Popoli che non vogliono la guerra, ma che si trovano in ‘’guerra’’; rivendicazioni di potere e scambi di accuse, che vengono lanciate utilizzando i canali dei social media, non fanno che preoccupare chi non ha altro potere che star a guardare.
Con la sua consueta disponibilità, il generale Pasquale Preziosa, già capo di gabinetto del ministero della Difesa, e poi Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica dal 25 febbraio 2013 al 30 marzo 2016, ha risposto ad alcune domande, per aiutarci a comprendere meglio quanto sta accadendo.
L’Iran e i suoi Pasdaran hanno armi che possano far paura alla NATO?
La risposta è no.
La Nato è una organizzazione molto grande per temere l’Iran, basta esaminare uno degli elementi per confrontare il potere potenziale tra i due contendenti ovvero la sommatoria dei Pil o GDP dei paesi appartenenti alla NATO che è di 38 trilioni di $, mentre l’Iran esprime solo 440 miliardi di $: in questi casi la geopolitica e il buon senso, suggeriscono la negoziazione.
Non possiamo però ritenere di aver risposto compiutamente al problema che affligge in questo periodo parte dell’Occidente.
Un rapido excursus storico degli ultimi anni potrebbe meglio chiarire parte dei problemi che oggi stiamo vivendo.
Il post guerra-fredda è terminato nel 2008 col fallimento della Lehman Brother e l’aggressione della Russia in Georgia lasciata sola dagli USA, venendo meno alle aspettative ipotizzate.
Gli USA oramai impantanati in Afghanistan prima e in Iraq successivamente, non sono riusciti a raggiungere gli obiettivi che si erano proposti con la “Global War on terrorism” annunciata dal Presidente Bush, dopo i fatti dell’11 Settembre 2001.
Al Qaeda privata di alcuni leader, è in vita e si è diffusa su scala globale, dando vita a nuove organizzazioni ancora più sanguinarie.
L’ISIS, per esempio, ebbe la possibilità di espandersi in Iraq, grazie al ritiro degli USA sotto la presidenza Obama.
I primi sintomi del nuovo problema terroristico in Iraq risalgono al 2004 quando al-Zarqawi decise di far nascere al Qaeda in Iraq, (al-Nusra). Nel 2006 con l’uccisione di al-Zarqawi da parte degli USA, il suo sostituto al-Masri stabilì la creazione dell’Islamic State of Iraq (ISI) con a capo Abu Omar al Baghdadi. Nel 2013, la costola di al-Qaeda in Siria: Jabhat al-Nusra (al-Nusra front) venne assorbita da al Baghdadi che stabilì anche il nuovo nome dell’organizzazione: ISIS “Islamic State Iraq Siria” or Levant ISIL.
Il 2014 rappresentò il “tipping point” tra al-Nusra e l’ISIS, con la creazione del Califfato quale “Islamic State” IS, con decadenza dei vecchi confini territoriali.
Sempre nel 2004, In esito al genocidio degli Yazidi, decapitazioni di stranieri e nemici di vario genere, la commissione ONU nominata per i sanguinosi eccidi commessi in Siria concluse che l’ISIS aveva commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Solo alla fine del 2017 l’Iraq ha dichiarato di aver riguadagnato il controllo dei propri confini e nel 2018 il presidente americano ha dichiarato di poter ritirare le truppe dalla Siria in conseguenza della sconfitta riportata sull’ISIS (sulla sconfitta, però, molti analisti, anche americani, non concordano col Presidente). Nell’ottobre del 2019 al-Baghdadi è stato ucciso.
Con l’uccisione di al Baghdadi scompare il primo capostipite dell’ISIS, ma non l’organizzazione che pur ridotta nelle sue aspirazioni egemoniche rimane viva e vegeta come al Qaeda con le sue diramazioni internazionali.
Si è abbassato il rischio legato al terrorismo di matrice sunnita, ma il fenomeno non è stato annichilito, anzi sono state create altre organizzazioni ancora più pericolose.
La richiesta di negoziazione degli USA con i Talebani dà la cifra della possanza del fenomeno terroristico e della sua persistenza: il terrorismo è uno “state of mind” e va combattuto anche con altri mezzi, non solo con le forze armate.
La lotta all’ISIS ha visto, fino ad ora, la convergenza degli interessi Iraniani con quelli occidentali in Iraq e Siria..
L’uccisione del capo dei Pasdaran segna la fine della convergenza degli interessi strategici tra le forze in campo contro l’ISIS e il rafforzamento delle posizioni di contrasto tra l’Iran e gli altri attori in teatro.
L’uccisione del generale Qasim Soleimani renderà più critica la stabilizzazione dell’Iraq e consentirà all’ISIS di alleggerirsi del contrasto iraniano

Vogliamo ricordare anche i fatti del 1979, quando da Teheran gli Americani dovettero fuggire?
Proprio i Pasdaran sono l’emanazione dello stato teocratico instauratosi in Iran dopo il 1979, anno della caduta dello scià di Persia e rientro da Parigi di Khomeini.
Sono i guardiani della rivoluzione islamica sciita che dovrebbero impedire colpi di stato come quelli del 1953 che deposero Mossadeq, capo di un governo laico democratico ad opera degli USA su spinta UK (All the Shah’s Men: An American Coup and the Roots of Middle East Terror).
Sono coloro che hanno dato vita agli Hezbollah durante la guerra civile libanese degli anni ’80.
Sono coloro che hanno supportato Assad contro l’ISIS .
È la Brigata Gerusalemme che ha avuto il compito di esportare all’estero la rivoluzione sciita, hanno aiutato i Curdi contro Saddam, hanno aiutato Massud contro i Sovietici in Afghanistan, hanno aiutato i bosniaci musulmani durante la recente guerra nella ex Iugoslavia.
Con le Unità 400 e 840 possono condurre azioni sotto copertura all’estero.
Si sono specializzati nella guerra asimmetrica quale completamento delle forze armate tradizionali.
La forza dei Pasdaran si identifica con la capacità di condurre la guerra asimmetrica dove le grandi potenze e organizzazioni stentano a raggiungere gli obiettivi stabiliti.
L’organizzazione missilistica iraniana ricade sotto l’autorità dei Pasdaran, la cui catena di comando è direttamente legata alla suprema autorità dello stato: per qualsiasi errore commesso quindi, la colpa sarà del singolo ma la responsabilità risalirà direttamente alla Guida Suprema, senza intermediari: è un problema che l’Iran sta vivendo sulla propria pelle in questo momento e che ha portato molto discredito al paese, mitigando in parte i crediti accumulati per l’assassinio del Capo dei Pasdaran.
La loro capacità di azione all’estero comunque non è equiparabile ad altre organizzazioni terroristiche tristemente note.

Quale possibile influenza da parte dell’Iran?
Il problema si sposta quindi sulle proxy war, la guerriglia per procura, che crea problemi di instabilità in altre zone sensibili del Medio Oriente, Libano, Yemen, Afghanistan, Iraq,….
Sono in corso negoziati, presieduti da Hassan Nasrallah, leader di Hebollah, tra le milizie irachene e i rappresentanti della Popular Mobilization Force (PMF) per supportare Hadi al-Amiri quale leader della PMF, seppellendo gli antichi rancori tra le parti.
Nasrallah ha anche incontrato presso la città di Qom, Muqtata al-Sadr.
Portare la PMF sotto un unico comando creerebbe una forte forza, parallela all’esercito irakeno, che determinerebbe il rafforzamento dell’influenza iraniana sull’Iraq.
La strategia iraniana, alterna momenti di competizione a quelli di conflittualità, in linea con le attuali strategie evidenziate anche dai russi da qualche decennio
”.
La diplomazia in che modo potrebbe cambiare la situazione?
La soluzione del problema iraniano è, sostanzialmente, politico, ma di difficile soluzione al momento, sia da parte statunitense, sia da parte dell’Arabia Saudita.
Manca sulla scena mondiale, una potenza che possa essere accettata da tutte le parti, per stemperare le opposte e arcigne posizioni, è un ruolo che una diversa Unione europea potrebbe recitare, per garantire il mantenimento degli equilibri mondiali: purtroppo la realtà è molto lontana dalla necessità.
Assisteremo al braccio di forza tra l’Iran e gli USA, con un Iraq più destabilizzato, nella speranza che si giunga a un nuovo periodo di convivenza pacifica in quell’area martoriata: servirà giungere a un nuovo trattato tra gli USA e l’Iran, ma per questo, è probabile che bisognerà aspettare dopo il 3 novembre 2020.




Maria Clara Mussa
 
  
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