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La tregua a Gaza, l’Ucraina. Effetto Trump?
Secondo il generale Tricarico è un campo minato più che un percorso rettilineo
21-01-2025 - Una delle poche cose ragionevolmente certe è che la tregua appena stipulata tra Israele ed Hamas sia cosa fragile, precaria; e proprio per questo un minimo stimolo, una minima sollecitazione può ridurre in pezzi in un battibaleno ciò che con tanta fatica e tempo e’ stato messo insieme dalle parti in causa. A rendere più incerto il tutto, il dettaglio eccessivo di cui è costellato il percorso verso il cessate il fuoco definitivo, un susseguirsi senza sosta di lacci e lacciuoli, di condizioni da rispettare senza deroghe.
La ripresa, ieri 19, delle ostilità a causa del ritardo iniziale di Hamas nella consegna della lista degli ostaggi è la riprova -seppure ve ne fosse bisogno- di quanto possa essere inflessibile la griglia degli accordi stipulati.
Un campo minato quindi più che un percorso rettilineo.
L’elemento nuovo sulla scena è l’avvicendamento al potere dello sponsor di maggioranza del negoziato Israelo palestinese.
Nessun dubbio che il bastone metterà in ombra la carota, che la promessa/minaccia di Trump di “scatenare l’inferno” dopo il 20 gennaio possa prendere di improvviso corpo. Altrimenti non si spiegherebbe perché le condizioni per l’accordo siano state accettate oggi e non mesi fa, pur non essendo le stesse da allora sostanzialmente mutate.
Se corrispondesse al vero il sentire che accomuna ogni cittadino israeliano in base al quale con Hamas e soggetti similari funzionano solo le maniere forti, da ora in poi si potranno dunque creare gli spazi per una ulteriore recrudescenza del conflitto.
La speranza pertanto è che tutti gli ostacoli vengano superati e che Trump possa dedicarsi a tempo pieno all’altro dossier che lo aspetta, quello russo ucraino.
Anche in questo scenario, ugualmente ostico e complesso, qualche certezza sembra prendere forma, prima tra tutte quella che a Trump non sarà possibile far cessare il tutto in 24 ore come aveva con tanta sicumera dichiarato in tempi non lontani.
Nè è chiaro quale sarà il bandolo della matassa, la piattaforma da cui partire e con la partecipazione di chi,oltre i contendenti e gli USA.
Vi è però un’altra evidenza che va prendendo corpo all’orizzonte: Trump ha dato numerosi segnali (anche nel corso del suo intervento di insediamento) di voler passare alla storia come il presidente che ha fatto cessare le guerre, forse nel suo immaginario si vede come il candidato più accreditato al Nobel per la Pace. Se così fosse, in una maniera o nell’altra il presidente americano spingerà sull’acceleratore tutto il necessario, incurante o quasi delle vittime che lascerà lungo il percorso.
Leonardo Tricarico

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