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Intervista a Vahagn Khachaturyan Presidente della Repubblica dell’Armenia
Realizzata da Opiniojuris, considerando l’attuale contesto geopolitico del Caucaso meridionale
28-11-2022 - Considerando l’attuale contesto geopolitico del Caucaso meridionale, abbiamo discusso con Vahagn Khachaturyan, Presidente della Repubblica dell’Armenia, la prospettiva del Paese in un mondo in cambiamento e i possibili sviluppi regionali, al fine di approfondire tanto aspetti legati alla stabilità e alla sicurezza, quanto le potenzialità dell’Armenia.

Nel mese di settembre 2022, l’Armenia ha dovuto affrontare un’escalation militare con l’Azerbaijan nelle aree di confine, evento che ha allarmato la comunità internazionale circa la stabilità del Caucaso meridionale. Il Paese guidato dal Primo Ministro Nikol Pashinyan – salito al potere nel 2018 a seguito della Rivoluzione di Velluto e confermato alle scorse elezioni parlamentari del 2021 – potrebbe dover fronteggiare numerose sfide connesse alla geopolitica regionale, alla necessità di stimolare lo sviluppo socio-economico specialmente dopo la pandemia, e alla minaccia di una nuova aggressione militare dell’Azerbaijan nei confronti del proprio territorio sovrano e della Repubblica dell’Artsakh (in particolare dopo il conflitto del Nagorno-Karabakh del 2020).
Ciononostante, l’Armenia è in grado di bilanciare queste sfide con interessanti progetti di sviluppo economico che sfruttano le significative risorse minerali presenti nel Paese (oro, rame, molibdeno, zinco), il notevole supporto finanziario delle organizzazioni internazionali – incluso il Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’appartenenza all’Unione Economica Eurasiatica e gli accordi di partnership con l’Unione Europea.
Nel 2022, l’Armenia ha registrato una crescita economica positiva grazie a fattori come l’immigrazione di cittadini russi a causa del conflitto in Ucraina. Di fatto, più di 110.000 persone hanno lasciato la Russia per l’Armenia, aprendo nuovi uffici e imprese e dando uno stimolo economico positivo al mercato del Paese, in modo particolare in campo tecnologico e digitale.
Considerando l’attuale contesto geopolitico del Caucaso meridionale, abbiamo discusso con Vahagn Khachaturyan, Presidente della Repubblica dell’Armenia, la prospettiva del Paese in un mondo in cambiamento e i possibili sviluppi regionali, al fine di approfondire tanto aspetti legati alla stabilità e alla sicurezza, quanto le potenzialità dell’Armenia.

Vahagn Khachaturyan, Presidente della Repubblica dell’Armenia, tenendo a mente i recenti sviluppi geopolitici nel Caucaso Meridionale (il conflitto in Nagorno-Karabakh del 2020, l’aggressione militare azera del settembre 2022) e la situazione attuale nell’arena internazionale a causa del conflitto in Ucraina, come vede il futuro dell’Armenia? Quale strada percorrerà il Paese in questo mondo in cambiamento?

“La guerra dei 44 giorni del 2020 è stata una dura prova per il nostro popolo, e, in generale, è difficile dare una valutazione completa delle conseguenze devastanti delle guerre, per entrambi i belligeranti. Oggi, nella nostra regione – ma oserei dire nel mondo – l’ordine mondiale che esisteva prima del 2020 sta cambiando, e se osserviamo le cose da questo punto di vista i conflitti locali sono parziali manifestazioni di questo cambiamento. 
Indubbiamente, tra le tensioni e i cambiamenti nell’attuale realtà internazionale, ogni Stato deve fare una scelta, ma credo che queste scelte riguardino più i valori.
Alla luce di ciò, l’Armenia ha fatto la sua inequivocabile scelta, che è quella di seguire incrollabilmente i principi della democrazia e delle istituzioni democratiche. Siamo un Paese con opportunità limitate – intendo dire che l’Armenia non è ricca di minerali, risorse energetiche, gas e petrolio. In queste circostanze, democrazia, cultura e scienza diventano la nostra principale risorsa per presentarci al mondo, avere il nostro posto e i nostri tratti caratteristici. E per tutto ciò, abbiamo bisogno di pace. 
Non ci sono alternative a questo per l’Armenia, in quanto la pace è il presupposto cruciale per la realizzazione, lo sviluppo e l’ascesa della civiltà e dei singoli cittadini, così come dello Stato. In poche parole, l’Armenia ha inequivocabilmente scelto la via dello sviluppo pacifico, democratico e incentrato sulle persone”.

Concentrandoci sulle relazioni internazionali dell’Armenia, crede che la normalizzazione dei rapporti con la Turchia sia possibile, sebbene Ankara non abbia mai riconosciuto il genocidio armeno? Come potrebbe reagire la popolazione armena a tal proposito?

“L’instaurazione di relazioni di buon vicinato con tutti i Paesi contigui, compresa la Turchia, non è mai stato un punto controverso. Siamo sempre stati favorevoli a stabilire relazioni con la Turchia e ad aprire i confini senza precondizioni. 
Va sottolineato che la dicitura “nessuna precondizione” non è un’evasione diplomatica, e si riferisce anche alla questione del riconoscimento del genocidio. Purtroppo devo sottolineare che nel corso dei decenni la Turchia è stata la prima a porre condizioni preliminari per l’apertura dei confini e la normalizzazione delle relazioni, in un certo senso al servizio dell’Agenda dell’Azerbaijan nel processo di risoluzione della questione del Karabakh. 
Nel frattempo, trovo importante far notare che nei primi anni ’90 e nel 2008-2009 l’Armenia e la Turchia hanno avuto l’opportunità di cambiare radicalmente andando verso la normalizzazione. Quelle opportunità non sono state sfruttate pienamente, ma oggi trovo più che importante guardare al futuro piuttosto che concentrarsi sugli inconvenienti del passato o delle occasioni mancate. 
Oggi i rappresentanti speciali di Armenia e Turchia si incontrano periodicamente. Dinamiche positive si riscontrano anche nel campo dell’informazione e della propaganda, e mi auguro che si possano instaurare relazioni di buon vicinato civili e prevedibili. Credo profondamente che la soluzione anche delle questioni più complesse sia nello sviluppo e nella democrazia, che non può esistere con precondizioni ed eccezioni. Da questo punto di vista, l’Armenia trova nell’instaurazione di relazioni civili con la Turchia e con tutti i vicini un’opportunità per raggiungere la democrazia e lo sviluppo, e per risolvere questioni complesse, come ho già detto”.

In passato, l’Occidente ha spesso applicato una politica a doppio standard nei confronti dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh. Vede qualche cambiamento dopo Settembre 2022?

“Vorrei non fornire valutazioni univoche e unilaterali del ruolo dell’Occidente nel conflitto in Karabakh. Istituito nel 1992, il Gruppo di Minsk dell’OSCE ha svolto in questi anni un prezioso lavoro finalizzato alla risoluzione del conflitto, giungendo a numerose soluzioni. Un’altra cosa è il fatto che l’Azerbaijan ha tentato di ottenere risultati a suo favore impiegando la forza. 
Per quanto riguarda la posizione dell’Occidente e, posso dire, dell’umanità progressista dopo settembre 2022, è ben chiaro. Il 13 settembre 2022 l’Azerbaijan ha invaso e occupato il territorio sovrano dell’Armenia. La questione è stata discussa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e molti Paesi hanno condannato l’aggressione dell’Azerbaijan. Infine, l’OSCE ha inviato una missione di accertamento in Armenia. Credo che questi siano indicatori che dimostrano lucidamente la posizione dell’Occidente.”
Recentemente ha parlato alla COP27. Qual è la strategia armena per i cambiamenti climatici, e in che modo la questione ambientale potrebbe avere influenza sul settore imprenditoriale del Paese? 
“L’intera umanità sta in qualche modo affrontando il problema del contrasto al cambiamento climatico, e ogni Stato – a prescindere dalla propria posizione geografica e del proprio territorio – ha un ruolo in questo. L’Armenia è sicuramente impegnata ad attuare le misure che il nostro Paese ha intrapreso nell’ambito della Convenzione di Parigi. Credo che la formula per resistere alle sfide del cambiamento climatico sia abbastanza semplice e diretta: muoversi verso la green economy, dare impulso allo sviluppo tecnologico e utilizzare fonti di energia ecologicamente pulite all’interno dell’economia, rendendo i rischi che incidono direttamente sull’inquinamento ambientale più gestibili attraverso l’utilizzo di nuovi meccanismi di lavorazione e la riduzione di rifiuti domestici e di produzione. Vorrei anche sottolineare che tra le sfide impellenti dei cambiamenti climatici vi sono le aggressioni militari e le guerre, le cui conseguenze sono osservabili da anni”.

Può la diaspora armena giocare un ruolo fondamentale nell’Armenia di oggi?
“Oggi, come in passato e si spera in futuro, la diaspora armena è indissolubilmente legata all’Armenia. La Repubblica d’Armenia è la patria degli armeni in tutto il mondo, e non ci possono essere altre opinioni su questo punto. 
Diverso è il discorso che le relazioni Armenia-diaspora dovrebbero basarsi su fondamenti più istituzionali, in modo che non si limitassero ad iniziative meramente benefiche o alle attività di numerosi fondi e ONG, sebbene le attività multisettoriali di tali istituzioni riguardanti la conservazione dell’identità armena, lo sviluppo e il riconoscimento della cultura armena e molti altri, sono incommensurabili. Naturalmente, il governo dell’Armenia e le organizzazioni della diaspora si sono attivate in questo campo, poiché è anche chiaro che la diaspora è un fenomeno unico e multisettoriale, e non possiamo stabilire relazioni unilineari con essa”.
Durante la nostra visita a Yerevan, abbiamo scoperto che numerose monarchie del Golfo promuovono e supportano attivamente il business locale – in maniera specifica gli Emirati Arabi Uniti. Recentemente ha avuto un meeting con il Segretario Generale della Lega Araba. Dato il ruolo importante della diaspora Armenia in Medioriente, crede che il suo Paese possa rafforzare le proprie relazioni economiche e politiche con il mondo arabo-musulmano? 
“Nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ho avuto anche incontri molto produttivi con i miei colleghi e leader di diversi Paesi arabi, e posso sicuramente affermare che il mondo arabo è disposto a portare le relazioni con l’Armenia a un livello superiore. 
La diaspora armena ha innegabilmente il suo ruolo in queste relazioni, ma credo che il solo potenziale della diaspora non sia sufficiente e pertanto dobbiamo muoverci per rendere più stretti ed espandere i legami politico-economici e commerciali. 
L’Armenia ha molti amici e partner nel mondo arabo-musulmano, e gli incontri che ho avuto con il Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi, il Sig. Gheit, e con altri leader arabi erano incentrati sullo sviluppo di una cooperazione che sia reciprocamente vantaggiosa e sull’espansione del dialogo tra l’Armenia e il mondo arabo”.

A che punto sono le relazioni Italia-Armenia?

“I rapporti tra Armenia e Italia hanno una storia secolare e risalgono all’alto medioevo, quando i mercanti armeni commerciavano con Genova e Venezia. Le relazioni culturali tra i nostri due Paesi sono di tutt’altro livello: uno dei centri studi armeni più grandi al mondo – La Congregazione Mkhitaryan – ha sede sull’isola di San Lazzaro a Venezia. 
In generale, le relazioni italo-armene sono così profonde e multisettoriali che non sarebbe possibile parlare di tutto in una o anche più interviste. I nostri popoli hanno anche molto in comune, dal loro aspetto alla loro emotività e natura audace. Dunque, credo che le relazioni italo-armene abbiano sempre un grande potenziale di sviluppo”
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