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Il nodo geopolitico della polveriera Medio orientale
Il generale Pasquale Preziosa presidente dell’Osservatorio Permanente Sulla sicurezza di Eurispes ha pubblicate su Informazioni Difesa
28-01-2024 - Ogni periodo della storia del Medio Oriente dal 1948 in poi ha visto il periodico riaccendersi dei focolai di guerra in Israele.
Ogni nuovo focolaio di guerra in sé è una istigazione a un nuovo inizio, rappresenta un fallimento di misure di breve termine prese nel passato ed è una occasione per ripensare le fondamenta dei problemi della ”terra promessa”.
Le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre contro la popolazione di Israele sono state scioccanti e conseguentemente hanno prodotto quale reazione dolore e rabbia.
Hamas ha dimostrato tutta la sua pericolosità per Israele e pertanto la sua esistenza è stata giudicata inaccettabile.
Anche gli Emirati arabi Uniti hanno affermato che le azioni di Hamas del 7 ottobre contro la popolazione di Israele sono state “barbaric and heinous” (INSS,2023).
Il problema israelo-palestinese ha assunto ancor di più le sembianze di un nodo gordiano la cui soluzione appare oggi ancora più complessa perché si inserisce sia in un processo di cambiamento degli equilibri geopolitici in Medio Oriente incentrati sulla instabilità siriana, conflittualità senza fine irachena, instabilità nello Yemen, tensione storica tra sunniti e sciiti, sia in un processo di transizione verso un nuovo ordine mondiale, il tutto immerso nella nuova era digitale dove le tradizioni morali di un popolo possono essere “tarlate” dalla nuova scienza della persuasione , che può far leva sulla menzogna.
Le piazze arabe e non arabe oggi sono in fermento propalestinese per la grande circolazione di comunicazioni digitali molte delle quali fanno leva su fake news e video deep-fake che possono condizionare il potere decisionale dei governanti per fini geopolitici regionali.
La “piazza turca” per esempio, ha indotto il presidente Recep Tayyip Erdogan, molto legato alla “fratellanza musulmana”, ad affermare che Hamas non è un’organizzazione terroristica ma “un movimento di liberazione patriottico che lotta per proteggere le terre e il popolo palestinese” accusando Israele di commettere a Gaza “Crimini contro l’umanità.” (Reuters).
Si tratta di un cambiamento significativo nella retorica del leader turco che eliminerà ogni possibilità che Ankara possa svolgere il ruolo principale di mediatore nel conflitto Israele-Hamas.
Oggi la Turchia è in crisi finanziaria molto profonda, il valore aggiunto delle esportazioni turche è inferiore a quello armeno e non è più autosufficiente sotto il profilo agricolo e la società turca si sta consumando in una violenza interna che sembra non avere fine.
Il futuro della Turchia viene oggi minato dalla bassissima qualità della formazione scolastica come riportato dalle classifiche internazionali.
Il fronte siriano invece si è mostrato tiepido verso Hamas perché non ha dimenticato lo scoppio delle proteste in Siria del 2011 dove proprio Hamas, le cui radici ideologiche sono nel movimento dei Fratelli Musulmani, sostenne gli oppositori del regime di Assad con conseguente smantellamento degli uffici (di Hamas) a Damasco, interruzione dei contatti tra le parti e raffreddamento delle relazioni anche con l’Iran.
Solo l’Iran, appoggiato da Hezbollah, ha ripristinato nel tempo le relazioni con Hamas favorendo il processo di allineamento dell’”asse della resistenza” contro Israele, controbilanciato da un ipotetico distanziamento di Hamas dai Fratelli Musulmani avvenuto con la rimozione simbolica più che reale di Khaled Mashal (critico di Assad) dall’ufficio politico di Hamas nel 2017.
Mashal è ancora oggi un protagonista di Hamas anche nei rapporti con la Cina e la Russia e Assad conseguentemente ha affermato che la riapertura degli uffici di Hamas a Damasco non è in agenda.
La Siria comunque ha ancora grossi problemi interni e i combattimenti nel Paese si stanno intensificando nella parte Nord e difficilmente potrà autorizzare l’uso del suo territorio per operazioni contro Israele.
Anche Nasrallah nel suo atteso discorso del 3 novembre non ha apportato elementi di novità, affermando che tutte le opzioni sono possibili e le conseguenti azioni dipenderanno dagli andamenti dei combattimenti a Gaza e al confine con il Libano specificando che comunque, Hezbollah continua a tenere impegnate parte delle forze armate israeliane a nord di Israele.
L’Egitto per bocca del suo Presidente ha affermato che “non permetterà che la causa palestinese sia risolta a spese di altri partiti”.
L’attacco terroristico si è manifestato a ridosso delle prossime elezioni egiziane che saranno tenute tra il 10 e il 13 dicembre di quest’anno e Hamas rappresenta una costola dei “Fratelli Musulmani” che sono in contrasto con l’attuale Presidente egiziano Al Sisi che nel 2013 destituì il presidente Morsi membro della citata fratellanza.
La Giordania come l’Egitto non ha aperto la porta ai profughi palestinesi di Gaza.
Anche l’Arabia Saudita ha solo “rimandato la normalizzazione (con Israele) al 2025” (Limes,2023).
Tutte le componenti pro-Hamas hanno fino ad ora espresso un “fuoco di solidarietà” verso Hamas ma non hanno voluto mostrare ulteriori coinvolgimenti nella guerra in corso a Gaza.
Gli USA hanno potenziato un dispositivo militare di deterrenza e oltre allo schieramento delle portaerei nel mediterraneo orientale hanno rinforzato le difese antiaeree e missilistiche del Kuwait, Qatar, Iraq, Arabia Saudita, Giordania, negli avamposti militari in Siria e nelle basi in Turchia con batterie di missili Patriot e Thaad.
In campo internazionale, le relazioni di Israele con la Cina negli ultimi anni erano state potenziate con l’apertura a Tel Aviv di un “Israeli-China Policy Center” e fonti ufficiali dei due Paesi avevano riportato che il trattato bilaterale sul commercio avrebbe potuto essere firmato entro fine anno: i nuovi eventi potrebbero suggerire ampie riflessioni sui rapporti cinese-israeliano in quanto la sicurezza di Israele è ancora fortemente ancorata al rapporto con gli USA e non ai potenziali benefici economici dei rapporti con la Cina.
La Russia ha smentito la notizia diffusa circa l’invio tramite il gruppo Wagner di un sistema missilistico antiaereo Pantsir in Libano.
Il Cremlino ha affermato che non ci sono le basi legali in Russia per gruppi mercenari, purtuttavia alla fine di settembre Putin ha avuto un incontro con i maggiorenti del gruppo Wagner (reuters.com).
La guerra in Ucraina prima, il confronto armato Armenia- Azerbaijan poi e l’attacco terroristico di Hamas ora, delineano il quadro dell’instabilità degli equilibri geopolitici regionali nel solco di un nuovo tracciato in lavorazione, per il raggiungimento dei nuovi equilibri mondiali indicati dalla Cina.
Il piano strategico della destabilizzazione geopolitica del vecchio ordine mondiale si sta sviluppando seguendo un ordine dettato dagli eventi di tipo regionale: il patto di amicizia russo cinese che ha conferito autonomia strategica per le risorse energetiche alla Cina, il rafforzamento del BRICS quale base per il nuovo ordine mondiale multipolare, la destabilizzazione regionale dell’architettura di sicurezza europea basata sulla “Carta di Parigi” del 1990 con la Guerra in Ucraina, il rafforzamento regionale dei confini russi nel Caucaso con la vittoria dell’Azerbaijan turcofona sull’Armenia e la scomparsa del Nagorno Karabach.
Ora è il turno del Vicino Oriente con la quinta spiralizzazione terroristica di Hamas, con radici non solo filoiraniane ma anche filo Fratelli Musulmani, contro Israele che delineerà le posizioni di molti Paesi che circondano Israele.
La novità non è stato il conflitto di Israele con Gaza: è un rituale che si ripete da quando Hamas ha preso possesso della Striscia di Gaza.
La novità risiede nella tempistica e nelle modalità cruenti dell’attacco portato da Hamas atta a stimolare risposte molto dure e quindi a creare più polarizzazione nel mondo arabo.
Anche la presa degli ostaggi non rappresenta un fatto nuovo, “l’imperativo teatrale del terrorismo era evidente nelle prese di ostaggi, nei dirottamenti, nei rapimenti tra la fine degli anni ‘60 e negli anni ’70. Alcune organizzazioni , compresi i gruppi palestinesi, riconobbero il ruolo svolto dall’opinione internazionale nel successo delle lotte anticoloniali e tentarono di promuovere una attenzione simile per la loro causa.” (Bacon, 2018)
Anche la mancata prevenzione dell’attacco da parte di Israele attribuita all’Intelligence non ha rappresentato una novità, si era già manifestata nel passato per la guerra dello Yom Kippur.
La tempistica dell’evento terroristico è stata stimolata sia dai dieci mesi di proteste interne ad Israele “contro il piano giustizia anti-democratico portato avanti da Netanyahu”, sia per contrastare il ministro per la Sicurezza nazionale Itmar Ben-Gvir ritenuto un “Ultrà messianico” portato per la prima volta al potere proprio da Netanyahu che avrebbe stimolato ancora di più l’occupazione dei territori palestinesi da parte dei coloni israeliani con piani già espressi insieme a “Bezalel Smotrich entrambi capi dei coloni”.
Entrambi gli eventi hanno fatto aumentare la instabilità interna di Israele con una conseguente riduzione dei livelli di sicurezza nazionale tale da stimolare la percezione da parte di Hamas di una riduzione del livello di deterrenza complessivo delle forze di sicurezza.
Le crudeltà e la quantità dei massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre con video pubblicati in tempo reale delle vittime hanno temporaneamente ristabilito la solidarietà politica interna per innalzare il livello di Sicurezza nazionale con la decisione comune di eradicare alla radice la minaccia portata da Hamas.
Israele, quindi, terminerà le operazioni con la caduta di Hamas.
Il fattore tempo però, nelle operazioni militari, ha impatti importanti nei vari Paesi per via delle opinioni pubbliche che possono influenzare le decisioni dei governi.
La sostenibilità delle operazioni israeliane potrà essere maggiore solo in presenza: di un riconoscimento della legittimità internazionale delle operazioni in corso, di una revisione della politica dei coloni, di un piano di prevenzione di una crisi umanitaria a Gaza e di un piano reale e condiviso per l’amministrazione del territorio di Gaza nel dopo Hamas.
Le dichiarazioni del responsabile degli Affari e del Patrimonio di Gerusalemme Amihai Eliyahu che “Sganciare una bomba atomica su Gaza è un’opzione” (rainews.it), dichiarazione subito dichiarate avulse dalla realtà da Netanyahu, non vanno nella direzione intesa al rafforzamento della legittimità delle operazioni.
Le leggi di guerra impongono obblighi, anche se minimi, per il trasferimento degli aiuti umanitari per la sopravvivenza della popolazione.
Questo obbligo permane anche in presenza di flagrante violazione dei suoi obblighi da parte di Hamas.
Le differenze religiose sono i motori centrali della conflittualità israelo- palestinese.
I combattenti non cercano di imporsi l’un l’altro la loro religione, ma entrambi credono di avere un diritto divino sulla terra.
La Bibbia ebraica afferma che Dio ha promesso la terra di Israele ai figli di Israele, ciò è ora riportato nelle piattaforme di diversi partiti politici ebraici. (Mann, 2023)
Per contro, gli arabi dicono che la Terra di Canaan fu promessa a Ismaele profeta di Dio, il primo figlio del patriarca Abramo da cui affermano di discendere.
Nei primi periodi, né il popolo palestinese né l’elite politica di Israele erano rinomati per la loro religiosità, purtroppo in un’epoca di nazionalismo, la loro identità etnica di ebrei e arabi ha rafforzato la lotta per l’insediamento dei nuovi coloni israeliani con l’esproprio per legge di terreni nella Cisgiordania ai danni dei palestinesi anche con l’uso della forza. Questa politica non trova sostegno internazionale: è necessario dare un taglio a questo nodo gordiano.
L’attuale tensione tra le parti potrà ricomporsi e riprendere la via politica solo in presenza di una proposta vera e condivisa sul futuro delle relazioni tra Israele e la Palestina: “Senza un piano per il dopo Gaza, Israele perde a prescindere”, (Limes, 2023).
Nello studio delle guerre (polemologia) emerge che le Guerre sono il meno razionale dei progetti umani, purtroppo gli esseri umani sono creature erraticamente razionali, come lo si può riscontrare nella vita di tutti i giorni.
Al riguardo, per esempio, il conflitto di Gaza evidenzia una nuova tipologia di conflitto diretto tra le parti che si giocherà sulla minimizzazione (per Israele) o massimizzazione (per Hamas) dei danni collaterali (coinvolgimento dei civili) capaci di generare effetti dentro un contesto di guerra dell'informazione che è progettata per influenzare i poteri esterni.



Pasquale Preziosa
 
  
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