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Grandi manovre sul campo, attacchi simulati…..ma il fatto non sussiste
Intervista con Barbara Balanzoni, protagonista di una vicenda che appare paradossale

17-08-2014 - Barbara Balanzoni è medico chirurgo, anestesista rianimatore che, come molti giovani professionisti, ha compiuto l'esperienza nel settore delle Forze Armate nella cosiddetta "riserva selezionata".
Ovviamente, in qualità di medico.
L'avventura in cui si è trovata protagonista, che ancora la sta impegnando tra avvocati e Procura militare e di cui vogliamo parlare, è accaduta in Kosovo, nel 2012.
Dottor Balanzoni, come nasce la vicenda?
Nel 2012 quando, in qualità di ufficiale medico della base Italiana in Kosovo, assente per licenza il veterinario, salvai la vita ad una gatta, aiutata da alcuni militari che mi avevano allertata.
Poiché la gatta, mentra la curavo, mi ferì ad un dito, venni inviata, come da protocollo, a farmi iniettare il vaccino antirabbico.
E da questo fatto, come è arrivata ad una denuncia in procura ?
In una relazione di servizio, scritta qualche giorno dopo dal mio superiore, venne scritto che io, di mia iniziativa, e contro un suo preciso ordine, mi ero recata presso l'ospedale per il vaccino.
Quella relazione era palesemente falsa.
Eppure, venni punita con 5 giorni di consegna per aver soccorso la gatta e aver disobbedito al mio superiore.
Ma lei non aveva spiegato come esattamente era successo il fatto?
Certamente.
Ma, nei mesi successivi, a clima molto teso, dovuto ai cinque giorni di consegna che avevano minato alla base i rapporti umani, venni nuovamente accusata. Stavolta mi si contestava di aver diffamato un maresciallo.  
Sebbene non avessi fatto nemmeno quello, venni comunque anche per questo denunciata alla procura militare, che avviò un'indagine durata un intero anno.
Interrogata dal Pubblico Ministero, a marzo 2013, fu chiesto il rinvio a giudizio per una lunga serie di reati.
Insomma, è stata trattata come una vera delinquente…Cosa decisero in seguito all'indagine?
Decisero che meritavo un processo, nonostante la semplice lettura attenta degli atti dimostrasse già la mia innocenza.
Il 13 dicembre, il GUP del Tribunale militare fece passare tutte le accuse: disobbedienza aggravata continuata, ingiuria aggravata continuata, diffamazione aggravata.
Il 22 dicembre il Corriere della Sera rese pubblica la notizia e in pochi giorni comparvero tre petizioni a mio favore, una italiana e due internazionali, per manifestarmi il supporto su scala mondiale. La questione del processo a causa della gatta (quella fu la notizia che prevalse) aveva scatenato un'ondata di indignazione globale. Venne persino presentata una interrogazione parlamentare a cui rispose l'attuale ministro della Difesa, allora sottosegretario alla Difesa.
Non ha mai pensato che una vicenda simile potesse sembrare un duro colpo per l'immagine dell'Italia e in particolare per le Forze Armate?
Certamente fu un danno di immagine gratuito perché, come si vide di lì a poche settimane, il fatto (la disobbedienza di cui ero stata accusata) non sussisteva.
Ma la procura militare se ne rese conto solo a processo iniziato.
Consapevole che nella strada sotto il tribunale erano presenti la stampa internazionale e l'associazione di Animalisti (che non mi ha mai abbandonata), il Procuratore Capo si presentò personalmente alla prima udienza il 7 febbraio 2014, chiedendo per me l'immediata assoluzione per la "disobbedienza aggravata continuata". Motivazione: insussistenza del fatto.
Dunque, fine della disavventura e della sua implicazione in spese processuali non indifferenti?
Magari!
Inizia invece una serie di stranezze.
Se il fatto non sussisteva, voleva dire che io ero andata a fare il vaccino non violando l'ordine scritto del mio capo; ordine peraltro mai prodotto e mai chiesto in visione dalla procura.
Mi sarei immaginata che si sarebbe proceduto contro di lui per calunnia. Ciò non avvenne.
Avvenne però che in quella stessa udienza vennero riformulati i restanti capi di imputazione, rendendo aggravata la mia posizione.
Nelle quattro udienze successive, venne scannerizzato ogni mio comportamento, vennero chiesti tre rinvii per scandagliare ogni più piccolo dettaglio, per pervenire  ad un'assoluzione piena, nel merito, il 6 giugno 2014.
A dire il vero nel corso nella quarta udienza la Procura chiese un ulteriore aggravamento della mia posizione, senza ottnenerlo ..
Finita davvero, allora?
Purtroppo la mia risposta è ancora NO. E ciò nonostante le motivazioni granitiche della sentenza.
L'ingiuria aggravata continuata al maresciallo, scrivono i giudici, non era mai avvenuta.
Fu molto semplice arrivare a questa conclusione:
è stato sufficiente chiedere in udienza (cosa mai fatta durante l'anno di indagini ) alla presunta vittima: lei è mai stato offeso?
Risposta: mai.
Ancora mi chiedo come fosse stato possibile formulare quel tipo di reato.
La diffamazione poi, per uno dei tanti episodi contestati, non era nemmeno in astratto configurabile, scrivono i giudici in sentenza.
Dunque, per chiarire la situazione, si era sbagliato a configurare il reato?
Sì. E non è finita qui.
Per altro episodio, i giudici scrivono che "non può farsi a meno di notare a conferma dell'insussistenza di tali condotte, che appare assolutamente inverosimile che la Balanzoni ...possa avere pronunciato tali frasi.."
Anche perché, erano state pronunciate da altra persona, come fece notare il P.M. nella requisitoria finale, mentre si chiedevano nove mesi di carcere militare per me.
Venne fatto nome e cognome del vero colpevole, perché era  fuori di dubbio che non poteva che essere stato lui (era stato chiamato come testimone, invece che indagato e poi imputato al posto mio ).
In soldoni: avevano processato la persona sbagliata.
Bene, risolto allora il problema. Si saranno formulate accuse al vero colpevole?
Non mi risulta che si sia proceduto nemmeno contro il vero autore della diffamazione.
Allora tutto concluso?
No, la procura ha ripreso le indagini su di me.
E' scritto nella sentenza che risulta aperto un  nuovo procedimento penale sempre per i fatti relativi a quanto già emerso.
E, si badi, fatti che già erano chiarissimi agli atti delle indagini preliminari; non sono saltati fuori da un cilindro all'improvviso.
Come si sente dottore?
Mi sento indignata.
Profondamente, come cittadina, ma soprattutto come Ufficiale.
In questi due anni e mezzo ho provato un enorme imbarazzo nel rapportarmi con le Forze Armate.
L'amore e il rispetto per l' Istituzione mi hanno fatta sentire in grande difficoltà. Sebbene sapessi di essere innocente, mi sentivo a disagio.
Devo ringraziare per questo i militari che mi hanno supportata e che mi hanno dato quella fiducia che a volte io non sentivo più di avere. Devo molto a queste persone e l'assoluzione è stato il modo migliore per dire: grazie per avere creduto in me!
Continuare a indagare ora, per fatti che già erano emersi chiaramente durante il primo anno di indagini, dimostra la volontà della procura militare di cercare di ottenere un risultato a fronte della piena evidenza della mia estraneità. E questo getta ancora ombre su di me.
Lo ritengo offensivo e ingiusto.
Senza contare che questo impedisce il mio reimpiego in teatro operativo e getta ancora inevitabilmente discredito su di me come professionista!
Per non parlare di come debba comportarmi, quale dirigente pubblico, a dover dichiarare in alcune occasioni, la mia posizione processuale.  
Ritiene che in tutta questa disavventura si siano verificati sentimenti di avversione personale?
La giustizia per essere credibile deve essere innanzitutto giusta.
Non dovrebbe nemmeno dare l'impressione che si tratti di "qualcosa di personale" . Questo fa male innanzitutto alla stessa Istituzione.
Questa sensazione, di essere diventata ostaggio della procura, io ce l'ho.
Due anni e mezzo vissuti così hanno portato dolore, frustrazione e un grande senso di impotenza.
Ma anche la percezione di aver sollevato un sincero affetto presso l'opinione pubblica e questo è stato un elemento di grande sorpresa, che mi ha rincuorato molto e che mi ha fatto sentire non abbandonata. Resta tuttavia un prezzo altissimo pagato in termini di serenità, di risorse economiche e di forza interiore .
Ogni dura prova rende più forti, si dice; ma nell'immediato, posso garantire, porta con sé un dolore difficilmente consolabile e una lunga serie di notti insonni, non solo per me, ma anche per chi mi è vicino e vive con me questo dramma.
Quale desiderio vorrà realizzare, appena sarà conclusa tutta la vicenda?
L'Esercito rimane per me una Istituzione di valore e farne parte per me è un onore.
Mi sento membro della famiglia delle Forze Armate, ora più che mai.
Spero arrivi il giorno in cui una telefonata mi informi che sono in partenza per la prossima missione. Questo il desiderio più grande.
Quello sarà il giorno in cui il grande dolore di questi anni comincerà a svanire ed in cui sarò forse in grado di dire "Ora sono davvero più forte".











Maria Clara Mussa
 
  
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