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‘’Missione nel Mar Rosso, Italia pronta al comando’’
Il ministro Crosetto in una intervista con il Corriere della Sera: sul sostegno all’Ucraina nessuna spaccatura
26-01-2024 - Riceviamo dal Ministero della difesa il comunicato stampa con il testo dell'intervista sul Corriere della Sera che pubblichiamo

Ministro Guido Crosetto, la Lega ha proposto di frenare sugli aiuti a Kiev, poi ha fatto marcia indietro. È iniziata la campagna elettorale?
«Non vedo spaccature nella maggioranza, sono polemiche inventate. La mozione Romeo è stata riformulata e approvata dall’intera maggioranza. Se poi mi chiede se si è stufi della guerra le rispondo che sono stufi tutti, gli ucraini, i russi, i francesi, i tedeschi, gli italiani, ma fino a quando non si stufa Putin purtroppo per tutti noi continuerà e rischia di peggiorare. Ha stufato chi l’ha iniziata».

Ha sentito Salvini per far ritirare la mozione?
«Assolutamente no».

Gli italiani lo sanno che per Kiev spendiamo molto meno di altri nostri alleati?
«Non è così, siamo dietro solo a Berlino nella Ue e a Londra e Usa fuori dall’Ue. E questo considerando che abbiamo un bilancio della Difesa completamente diverso».

Cosa facciamo in Mar Rosso: vogliamo il comando della missione europea?
«Se ci chiederanno di averlo lo prenderemo, ne abbiamo le capacità, se lo vogliono i francesi va benissimo, il problema è avere presto una missione efficace per tutelare la sicurezza delle navi commerciali e le nostre economie, oltre al diritto internazionale».

Su Gaza l’Ue è andata in ordine sparso.
«L’Europa al momento è fatta così, è un dato di fatto: esistono 27 politiche estere diverse, ogni Paese ha una sua agenda non solo a Gaza, ma anche in Libano, in Niger, nel Nord Africa, in Kosovo. Per questo non abbiamo un ruolo rilevante nel mondo».
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Londra ha appena stanziato 3 miliardi per Kiev, i tedeschi arriveranno a 8 miliardi nel 2024. Si può applicare all’Ucraina o al Mar Rosso, una mentalità ragionieristica?
«Assolutamente no, lo dico dal giorno in cui mi sono insediato, ma non tutti lo capiscono, a cominciare dalla Ue. Ora dovremo mandare una nave e dei missili in Mar Rosso e non sarà facilissimo finanziare nuove spese. In Italia abbiamo ereditato un assetto delle forze armate frutto dell’illusione di non doversi più difendere da alcun attacco. Tutto deve essere trasformato, comprese le regole, anche quelle sui poteri del mio ministero, per dotarci di una capacità efficace di difendere realmente il nostro Paese».

Sia in Germania che in Gran Bretagna si discute di invertire le strategie militari addirittura ripristinando la leva obbligatoria.
«Tutti stanno cambiando tutto, ma qui in Italia a me dicono che voglio togliere denaro agli asili o alle scuole. Molti fingono di non voler capire che senza la difesa non c’è né libera istruzione né libero commercio né democrazia. Noi non abbiamo un problema di numero, ma per esempio costruire una Riserva nazionale delle forze armate, come in Svizzera e in Israele, è un mio obiettivo, anche se da attivare, ovviamente, in casi gravissimi. Proporremo una legge, su questo, nelle prossime settimane, è una delle riforme necessarie all’Italia. Il mondo sta cambiando, si combattono sia guerre evidenti sia guerre ibride. Solo nel Mar Rosso ci sono più guerre, Cina e Russia stanno già combattendo una loro guerra ibrida: le loro navi commerciali, risparmiate dagli Houthi, hanno un vantaggio competitivo che rischia di far saltare la concorrenza. Ma questo è difficile spiegarlo. Abbiamo tolto — non noi, un altro governo — le armi all’ Arabia Saudita e agli Emirati quando combattevano contro gli Houthi, che hanno una capacità militare produttiva propria, e sono più pericolosi di Hamas ed Hezbollah. Ne paghiamo le conseguenze».

Siamo attrezzati contro le guerre ibride?
«Io oggi non posso assumere un gruppo di hacker nel ministero e, se lo faccio, non posso comunque pagarli quanto li paga un’azienda privata. Per fare un esempio facile da capire. Questo gap va colmato. Stiamo vivendo una rivoluzione che deve diventare anche legislativa».

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani in Libano ha detto che il nostro contingente militare Unifil potrebbe essere potenziato, è d’accordo?
«Chiaramente siamo pronti, ma ogni aumento va finanziato e autorizzato. È un dossier complesso, giocato su alcuni chilometri di striscia Blu che separano le due parti. Vedremo, ma, come sa Antonio, oggi è prematuro. Se dovessimo andare incontro ai desideri degli israeliani dovremmo cambiare le regole di ingaggio».

Fra pochi giorni Giorgia Meloni sarà in Giappone: discuterà anche della governance e delle risorse per costruire il caccia di sesta generazione, il progetto Gcap, su cui abbiamo un accordo con Tokyo e Londra. Chi comanderà?
«La governance sarà paritaria, 33% ognuno, e sarebbe la prima volta che l’Italia partecipa a un programma militare di primissimo piano con un ruolo paritario. Abbiamo già fissato la rotazione dei vertici, partiremo guidando noi. Gli impianti produttivi, il ritorno industriale e occupazionale sarà tutto paritario. La sede principale del consorzio, per motivi di semplicità fiscale, legale, amministrativa (purtroppo!) sarà in Uk».

È vero che Arabia Saudita ed Emirati potrebbero mettere dei soldi nel progetto?
«Molti sono interessati a entrare, ma non apriremo sin quando non sarà chiusa la fase costitutiva a tre. Poi, con l’accordo di tutti, potremo allargare ad altre nazioni».

Se vince Trump l’Europa sarà più scoperta di fronte a una minaccia russa?
«Gli accordi della Nato e le basi americane non sono in discussione, quindi no. Ma un possibile cambio di strategia a Washington sulla guerra in Ucraina dovrà essere preventivato subito, se non vogliamo essere impreparati».

Elezioni europee a giugno, lei è disponibile a fare il commissario dell’Italia?
«Non ci ho mai pensato e non credo, ma in ogni caso non in qualsiasi posizione».




Redazione
 
  


 
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