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Il Signore di Notte: caccia all’assassino nella Venezia dei dogi
Un giallo fitto fitto che ha come sfondo la Venezia alle soglie del Barocco, scritto da Gustavo Vitali
17-12-2020 - Il titolo richiama esplicitamente ai “Signori di Notte”, una delle numerose magistrature dell’antica Serenissima Repubblica di Venezia. Si potrebbe dire che svolgevano insieme le funzioni di giudici e capi della polizia. La magistratura era formata da sei aristocratici, uno per ogni sestiere nei quali tutt’oggi è ancora divisa la città. Venivano eletti dal Maggior Consiglio, il massimo organo decisionale della oligarchia patrizia al potere.
Personaggi veri in una storia inventata
Alcuni dei personaggi, il protagonista in primis, sono realmente esistiti al tempo della vicenda che è invece di pura fantasia, come lo sono i loro tratti caratteriali e le loro azioni descritte nel racconto. Di conseguenza la trama, che si dipana lungo un imprecisato numero di giorni nel corso del 1605, si è adeguata ai rispettivi ruoli e tempi nella vita reale. Senza paura di esagerare, si potrebbe dire che il libro è costato in ore di ricerca e documentazione più di quante dedicate alla stesura.
Notizie e curiosità sulla Venezia di allora
Una caratteristica del giallo sono le aggiunte di notizie che descrivono la società veneziana all’alba del XVII secolo, che raccontano episodi storici, aneddoti, curiosità, leggende, perfino fiabe. Lo fanno talvolta in modo dissacratorio, spassoso, sempre con un linguaggio crudo. Tuttavia sono divagazioni durante le quali i protagonisti restano sempre presenti con i rispettivi pregi e difetti, certezze e titubanze. Sono divagazioni che non intendono affatto interrompere la narrazione, tanto meno fungere da pretesto per “salire in cattedra” nel senso più pedante del termine. Al contrario, lo scopo è quello di incuriosire il lettore su come vivevano e cosa pensavano i veneziani del tempo, contestualizzare il romanzo nel periodo e arricchire il racconto.
Un protagonista controverso in un intrigo affascinante
Il Signore di Notte in questione è Francesco Barbarigo, aristocratico di una delle più antiche famiglie della Repubblica Serenissima, quelle tramandate alla storia come “casati patrizi”. Si presenta sul teatro della vicenda come un personaggio niente affatto positivo, dotato di una buona dose di spocchia e dall’orgoglio smisurato, goffo e pasticcione come investigatore e inadeguato al ruolo.
Dal lato umano Francesco emerge come una persona dal carattere controverso, un uomo nel quale vicende dolorose del passato lo determinano a decisioni inopportune e talvolta perfino bizzarre, insicuro anche quando lascia trapelare certezze che non ha affatto.
Strani amori, insuccessi e sfondo della vicenda
Il giallo prende avvio il 16 aprile 1605 con il ritrovamento del corpo di un nobile decaduto, un assassinio sul quale si ostina a volere far luce il Barbarigo sebbene, come magistrato, neppure toccherebbe a lui farsi carico delle indagini sul campo, ma ai sottoposti dei Signori di Notte, guardie e graduati che svolgono le funzioni di polizia con ben altra dimestichezza.
Privo di qualunque esperienza, fin dalle prime battute si muove a casaccio sullo sfondo di una Venezia che ha appena lasciato l’apogeo dello splendore del secolo precedente senza ottenere altro che cantonate. Incappa in vergognose disavventure e pure in uno strambo amore per una donna della quale nulla ha capito. Cosicché avrà presto occasione di pentirsi della scelta imprudente e imboccata con un’arroganza pari solo alla sua superficialità, una strada della quale non ha affatto valutato rischi e pericoli e dove non mancano gli agguati.
La vera protagonista: Venezia
Con il procedere del racconto la Serenissima assurge a protagonista muta del romanzo, una città assolutamente amata da Francesco. Il Barbarigo si aggrappa ai suoi riti e alle sue tradizioni forse alla ricerca di quella sicurezza che, al di là delle apparenze e delle sue pretese, gli manca nella vita. Non saranno queste ad aiutarlo ad uscire dal pantano nel quale si è inopinatamente cacciato.
Invece in suo soccorso entrano nell’intricata vicenda un capitano delle guardie e il rettore di Murano, dove si sposta parte del racconto sulle orme dei ruoli che i personaggi hanno ricoperto nel corso della loro esistenza reale.
La conclusione del giallo, scritto da Gustavo Vitali, sarà tutt’altro che scontata, compresa la resurrezione del protagonista come uomo che si apre a intendere diversamente la vita.





Redazione
 
  


 
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