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«27 ANNI REGALATI A UN’ITALIA IRRICONOSCENTE»
Dal Dossier del periodico online, Kim International Magazine
12-10-2016 - ANNARITA LO MASTRO, MAMMA DEL CAPORAL MAGGIORE DAVID TOBINI CADUTO IN AFGHANISTAN NEL 2011, SCRIVE UNA LETTERA PUBBLICA.
A SUO FIGLIO MORTO SUL CAMPO PER «GARANTIRE LA SICUREZZA DEI PROPRI COMMILITONI», COME RECITA LA MOTIVAZIONE DEL MINISTERO DELLA DIFESA, È STATO CONCESSO LO STESSO RICONOSCIMENTO DI CHI OGGI PERÒ È ANCORA VIVO
Roma- C’è qualcosa che non torna in questa storia, a cominciare dalle premesse visto che guerra e costituzione non vanno poi tanto d’accordo. Ma non partiamo da così lontano. Il primo caporal maggiore David Tobini è caduto in Afghanistan nel luglio di cinque anni fa. Un’operazione complicata e che porta con sé ancora tanti dubbi su cui difficilmente si farà luce. I luoghi dove sono avvenuti gli scontri, al confine della bolla di sicurezza di Bala Murghab, per esempio sono davvero pericolosi e sarebbe da sprovveduti andare senza copertura aerea. Eppure, questo sembra essere accaduto. In quel deserto di polvere e sabbia, i militari italiani finiscono sotto attacco. Dall’alto non c’è nessuna protezione e si spara a vista. David Tobini si «espone più volte, incurante della propria incolumità, al fine di garantire la sicurezza dei propri commilitoni», secondo quanto si legge nella motivazione firmata dal Generale Francesco Tarricone che il Ministero della Difesa ha consegnato nel maggio del 2013 alla madre del soldato. L’occasione è il conferimento della medaglia d’argento al valor militare.
Quello stesso riconoscimento in quello stesso giorno è stato concesso dallo Stato anche ad altri due militari. Si tratta di un maresciallo capo e un caporal maggiore scelto che però hanno prestato i primi soccorsi a David. «Possibile che questo Paese possa mettere sullo stesso piano chi ha dato la propria vita all’Italia e chi ha prestato i soccorsi, purtroppo anche inutili?»....
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La lettera
«Alle Istituzioni italiane,
A tutte quelle che quel giorno hanno partecipato ai funerali. Quelle presenze che ora dimostrassero quella stessa “partecipazione”.
Io Anna Rita Lo Mastro, madre del 41esimo caduto Afghanistan, non posso non essere adirata verso ogni istituzione. Leggendo la motivazione per cui è caduto questo ragazzo e vedendo le risposte che mi sono state date, continuo a restare perplessa nei confronti di un’ Italia che non ha rispetto dei gesti. Non si può paragonare un morto ad un vivo, e seppur volessimo considerare gli atti (leggendo le carte) dobbiamo soffermarci a pensare. Se questo “41esimo”, non avesse compiuto tale azione «esponendosi più volte, incurante della sua incolumità per salvaguardare il fianco del dispositivo amico», quali medaglie e quante medaglie sarebbero state elargite? Se non si fosse esposto, come tale motivazione racconta, cosa sarebbe accaduto?
Non mi sento umiliata, perché da tempo conosco la vostra indifferenza verso chi è rimasto, mi sento AGGUERRITA, e NON PERMETTERÒ che la memoria di quel semplice Caporal Maggiore, ma dal coraggio indescrivibile, venga considerata a «piani inferiori». Fa parte di una truppa, è vero, ma quella truppa ha permesso ad un’Italia di riempirsi di gloria in nome di chi ha versato il sangue, in cambio di una considerazione che non è tutto, quel tutto che Lui invece ha donato.
Faccio parte dell’Italia che chiede, ma che tutto ha dato.
Voglio l’onore ed il riconoscimento dovuto, per depositarlo su una tomba che porta l’età di 27 anni regalati ad un’Italia irriconoscente».
La madre




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