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foto di: Cybernaua Archivio
In Afghanistan il sacrificio di 54 caduti italiani
Intervista con la madre di David Tobini ucciso nel 2011 a Bala Murghab durante uno scontro a fuoco
18-08-2021 - Giornali, emittenti televisive, social media in questi giorni fanno a gara a chi pubblica il maggior numero di notizie sulla situazione, tragica situazione, dell’Afghanistan.
Commenti, i più svariati, anche di chi sino a ieri non sapeva neppure in quale parte del mondo si trovi l’Afghanistan.
Chi, invece, sa bene cosa sia l’Afghanistan, per avere subito la tragedia più grande quale l’aver perso un figlio ucciso in quella terra martoriata, sono le famiglie dei 53 caduti italiani, impiegati nella “missione di pace” durata venti ani.
In questi giorni solo animi insensibili possono non immaginare i pensieri terribili che invadono le loro menti e il loro cuore: aver perso un figlio immolato in una causa di cui ora si vede soltanto il principio di nuove tragedie.
Annarita Lomastro, madre di David Tobini, caduto a Bala Murghab il 25 luglio di dieci anni fa, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook alcuni pensieri, leggendo i quali ritengo sia doveroso sentire il suo parere sull’attuale situazione a seguito del ritiro della coalizione internazionale dall’Afghanistan.
Perché?
Perché Annarita da circa dieci anni lotta per avere la “vera verità” sulla morte di David.
Mio figlio è stato ucciso da fuoco amico, come abbiamo sempre sostenuto. Chi ha mentito ha infangato la divisa”.
In queste poche parole si legge il tormento di Annarita.
La quale, in un post su Facebook, si rivolge alla nostra categoria, ai giornalisti: “Ora mi rivolgo alla catena giornalistica. Ma chi, come me, oggi si rende conto di aver perso un figlio per un niente, avete il coraggio di tagliarmi, perché mi rivolgo allo Stato?

Dunque, Annarita, cosa prova in questi giorni in cui giungono come frecce avvelenate le notizie di quanto sta accadendo in Afghanistan?
“Sono passati dieci anni, non ho avuto né risposte, né alcun cenno istituzionale.
Esiste un'interrogazione parlamentare, ma neanche quella ad oggi mi ha dato una risposta.
Non e' vero che ancora non so come è caduto Mio Figlio. Io l’ho sempre saputo ed è per questo che mi hanno sempre esclusa e considerata la pecora nera.
Evidentemente ad una madre non spetta, secondo loro, il diritto di sapere come le viene strappato un figlio.
Sono esclusa dai giornali, “ad eccezione di pochi coraggiosi”; mi hanno sbarrato le strade ad ogni trasmissione televisiva.
Giuridicamente parlando, è un caso archiviato senza completezza e, perché no, anche mancante di compostezza.
Mi sono imbattuta in ogni ministero e tribunale.
Il tema era tabù.
Un caso, dove le incongruenze dei RIS, per qualche giudice, erano perizie "chiare".
Una volta, secondo le loro relazioni, David è stato colpito posteriormente; dopo qualche anno, dalla stessa firma, si dichiara che è stato colpito frontalmente.
Il fatto a me chiaro è che: bisognava chiudere l’argomento.
Sono trascorsi anni, fino ad arrivare a 10, per arrivare ad una archiviazione.
Una chiusura che porta responsabilità non certo mie”.

Lei ha effettuato numerose telefonate, ha inviato numerose lettere raccomandate alle istituzioni in merito alla vicenda che ancora l’angoscia; il caso rischia di chiudersi senza una reale conferma di quanto veramente è accaduto in quel tragico attacco in cui David è stato ucciso?
“Chiamo chi di dovere. Mi dicono che c'e', ma poi improvvisamente per magia nessuno lo ha visto in servizio.
Chiamo e sento dall'altra parte del telefono: “Tobini”?
Ed ecco che i telefoni e tutti gli uffici sono vuoti. Eppure l'ordinanza è uscita. Di lezioni di legislatura nessuno è più pronto a farmene? Scrivo ed invio pec ad ogni istituzione, compreso Il Quirinale.
Nessuna risposta”.

Suo figlio è stato ucciso da fuoco amico, cosa impedisce ai giudici di scoprire chi è stato?
“Ho avuto, nella sfortuna, la fortuna di incontrare una GIP che, pur archiviando il caso, coraggiosamente mi ha “liberata e lo ha liberato”. Ha puntato il dito contro chiunque avesse mancato e mentito. Chiude la pratica con un  nome ed un  cognome che per anni “conoscevo”, ma che dovevo soffocare nel silenzio.
Prima di questa pratica, dai telefoni istituzionali, mi facevano sermoni di legislatura, aspettando un'ordinanza.
Oggi che l’ordinanza esiste, mi accorgo che i fantasmi esistono.
Eppure e' fuoco ”amico", scrive il GIP; e qualcuno ha mentito nella posizione accanto a Mio figlio.
Ora la mia ultima "speranza" è una procura militare. Io ci voglio ancora credere, nell'onestà, seppur fino ad oggi mi lasci dubbi e perplessità.
E poi...mi tengo in serbo l'ultima sorpresa, ma questa non la posso svelare! Non è ancora tempo.
L'ultimo mio pensiero è rivolto ai giornalisti, a quelli che hanno una bella parlantina fluida, a quelli dalla penna facile, a quelli del "coraggio", che un po' come si dice in guerra: “Per ogni eroe, ci sono decine di codardi”.”

Credo che, al di là delle “importanti dichiarazioni di importanti capi di governo”, sia invece interessante conoscere cosa una madre che ha perso il figlio pensi della fuga dall’Afghanistan decisa dagli USA.
““Ripiegare, battere la ritirata” davanti ad una madre a cui hanno fatto muro, devo dire che non è il massimo della lealtà e del valore di cui andare fieri.
A chi invece, al vile, ai vili, che mi hanno volontariamente sottratto la lettera, l’ultimo scritto di mio figlio, beh, per quelli non esiste aggettivo. Voglio però dire che io conoscevo Mio Figlio, tanto che avevo acquistato un costume colorato, secondo il suo desiderio espresso in una telefonata in cui diceva di non vedere l’ora di tuffarsi nel lago, appena fosse rientrato… quindi, non si inventino oggi frasi deliranti “suicide” e altre calunnie e falsità. Quel muro di viltà, di scorrettezza, di indifferenza, di compatta organizzazione menzognera lo butterò giù.
Che non osino ancora calpestare ed usare colui che hanno soffocato… per mano amica?
I ragazzi uccisi in Afghanistan, sono Caduti in nome di un'altra farsa che chiamavano e pensavano di farmi credere “missione di pace”. Uccisi ancora nel fallimento. 
Ragazzi che oggi si girano nelle tombe, come tutti i loro genitori nei propri letti, dove il sonno è un'utopia.
Dalle nostre case hanno strappato la pace, quella vera, quella sana, quella che aveva nulla da nascondere.
Oggi resto davanti ad una tv che non fa altro che lacerare quel po' della sopravvivenza che mi rimane.
Lo chiamano “errore di valutazione” cinquantaquattro vite perse, per una decisione scellerata, che finisce di flagellare quei corpi a cui hanno mancato di rispetto sotto ogni profilo”.

Vogliamo riportare le affermazioni di un ufficiale presente sul campo in quella mattina del 25 luglio 2011:
Ci tengo a sottolineare che il caporal maggiore scelto David Tobini si è costantemente distinto per generosità, abnegazione e attaccamento ai compagni e che, anche nell’operazione del 25 luglio, il suo ruolo non è stato di mera collaborazione nella difesa delle posizioni acquisite dal proprio plotone, ma, con la sua resistenza coraggiosamente opposta al nemico, è stato cruciale per la salvezza dei colleghi operanti con lui.
David Tobini, quindi, si è trovato tra i primi del suo plotone ad affrontare un nemico ben addestrato e capace, subendone più di tutti le conseguenze, ma permettendo, con il suo slancio, di far guadagnare istanti preziosi ai suoi colleghi per la riorganizzazione e la reazione a fuoco.
Posso quindi affermare che le azioni di Tobini su quel ciglio di monte furono decisive per consentire al suo plotone di riguadagnare l’iniziativa in combattimento ed impedire ulteriori perdite, e che le circostanze dell’operazione in cui ha perso la vita furono eccezionali, per gravità e urgenza, al fine di garantire condizioni di sicurezza accettabili nell’area in cui lui e i suoi compagni si trovavano ad operare
”.


Maria Clara Mussa
 
  


 
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