Generazione di donne distrutta dai Talebani
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne nell’ambasciata afghana a Roma insieme a giovani universitari e docenti di Unibo
fotografie di: Jamil
26-11-2023 - “I Talebani non si scatenano contro gli Usa, o contro l’Europa, non fanno guerra alla comunità internazionale: la loro guerra è contro le donne. Stanno distruggendo una generazione di donne, mentre la comunità nazionale resta muta”… questo è il grido di Sahraa Karimi, regista, docente universitaria ed ex direttore generale dell'Afghan Film (online), intervenuta in remoto sulle ‘’Condizioni delle ragazze e delle donne afghane sotto i talebani’’ nel corso del convegno a Roma, nell’ambasciata della Repubblica islamica dell’Afghanistan.
Un fiume di parole che colpiscono il nostro cuore, con le quali ella ha illustrato la drammatica condizione del popolo afghano che continua a morire e che non vede alcuna soluzione contro l’attuale governo terrorista e assassino cui è totalmente soggiogato.
“L’attuale generazione non conosce altro che guerra e violenza”; non si intravede un futuro per l’Afghanistan senza pace, senza la ricostruzione di un Paese e senza la difesa dei diritti umani; le donne che vivono in libertà devono combattere per le donne che non hanno voce, ha detto ancora Sahraa Karimi, chiudendo la connessione.
Ed è proprio nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne che Khaled Ahmad Zekriya, ambasciatore della Repubblica Islamica di Afghanistan a Roma, e la sua consorte Lina hanno voluto che si incontrassero tante professionalità femminili che lavorano e operano sui diritti umani, in particolare modo sul tema del rispetto dei diritti delle donne, nell’ambito delle Università italiane. Il seminario organizzato il 25 Novembre nella sede dell’ambasciata a Roma, ha fatto seguito alla giornata d’incontro organizzato il giorno precedente nel Campus Forlì, Università Alma Mater di Bologna, sul tema “Riflessioni sul pantano dell’Afghanistan: prospettive costituzionali, storiche, di sicurezza e dei diritti umani”.
A Roma, moderato magistralmente da Silvia Bagni, professoressa associata del Dipartimento di scienze Politiche e sociali dell’Università di Bologna, si sono alternate al tavolo, al fianco dell’ambasciatore, le professoresse Giovanna Spanò dell’Università di Pisa e Deborah Scolart, dell’Università di Napoli per offrire un’ampia visione della realtà islamica e della situazione delle donne afghane violate.
Una numerosa schiera di studenti del Corso di scienze diplomatiche di Forlì e di appartenenti alla comunità afghana a Roma con il presidente Kaihan, hanno seguito le relatrici con grande attenzione, offrendo anche brevi interventi basati sulle proprie esperienze.
Spanò ha spiegato che il modo in cui si guarda al mondo islamico è fondamentale: a seconda di chi osservi, si disegna un profilo diverso dell'islam che non può essere assoluto, ma evidentemente legato ad uno specifico paradigma del mondo islamico. Ciò vale per tutti gli aspetti del mondo islamico e in particolare per il concetto di ‘’donna nell'Islam’’.
Scolart, invece, ha fatto un parallelo tra Italia ed Afghanistan, riferendosi all’ultimo assassinio di donna, la giovane Giulia.
Cosa ci unisce in questi giorni è sicuramente il fatto della violenza contro le donne. La differenza invece consiste nel fatto che in Italia le donne assassinate hanno un nome ed una propria storia; non possiamo dire la stessa cosa per le donne afghane.
Non è sempre stato così, come è ora dopo la presa di potere dei talebani nell’agosto del 2021.
E’ interessante osservare che il Codice civile del 1977 faceva riferimento alla Sharia… ma occorre capirne l’interpretazione. Ecco perché molti accademici credono che occorra un metodo specifico per interpretare la Sharia. Mentre i talebani ne fanno un loro personale uso per distruggere i diritti delle donne.
La chiusura dell’incontro ha visto l’ambasciatore Zekriya soddisfatto per la riuscita della due giorni di attività e di informazione sui diritti negati delle donne afghane e, da parte dei convenuti, la promessa di continuare a parlarne, di usare i social per informare e diffondere nell’opinione pubblica la volontà di aiutare le donne afghane a riprendersi i propri diritti, a ritornare a vivere.
Maria Clara Mussa

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