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Crociera da incubo
Naufragio della Costa Concordia, nave ammiraglia della Costa Crociere
fotografie di: C. Giannini

15-01-2012 - Porto S. Stefano (GR)
A un naufragio così non si assisteva dall'epoca del Titanic.
La Costa Concordia, nave ammiraglia della Costa Crociere è affondata a poche centinaia di metri dall'Isola del Giglio, fazzoletto di terra di fronte all'Argentario.
Luogo turistico per eccellenza, mèta estiva di vip e turisti che accorrono per godersi le meraviglie del mare. Il procuratore capo di Grosseto, Francesco Verusio, per la tragedia consumatasi intorno alle 21.30 di venerdì 13 gennaio, ha già arrestato il comandante della nave, Francesco Schettino, di origini campane e indagato il primo ufficiale in plancia, Ciro Ambrosi.
Le accuse a loro rivolte sono quelle di aver abbandonato la nave prima che tutti i passeggeri fossero messi in salvo, naufragio, disastro, omicidio colposo plurimo e manovra azzardata. Perché la Concordia a quell'ora non avrebbe dovuto essere in quel punto, ma ad almeno tre miglia di distanza, da dove passa la normale rotta per chi è diretto a Savona.
Si dice che Schettino avesse “il vizio” di transitare vicino all'isola, per salutare a sirene spiegate gli abitanti. Ci sarebbero filmati che lo provano. Ma questa è un'ipotesi ancora tutta da accertare, che sarà affidata non solo all'esame della “scatola nera” recuperata a bordo della nave, ma alle quattro inchieste aperte da Capitaneria di porto, Procura della Repubblica di Grosseto, ministero dei trasporti e compagnia di navigazione.
Un lavoro lungo e scrupoloso, che si concentrerà sulle cause dell'incidente e che farà accertare se lo stesso sia davvero stato causato dall'imprudenza di un comandante troppo sicuro di sé e dei suoi tanti anni di navigazione (da 11 anni lavora con la Costa). Cosa certa è che delle 4.234 persone a bordo della nave cinque sono morte (due francesi e un peruviano), 14 ferite (un paio in modo grave) e 15 disperse. Le altre sono state messe in salvo.
Buona notizia è che nella nottata tra sabato e domenica una coppia di giovani coreani è stata salvata dalla cabina, all'interno della nave, in cui ha trascorso oltre 24 ore.
Così come Marrico Giampietroni, commissario di bordo intrappolato nel suo alloggio semisommerso. L'uomo era ferito a una gamba, ma sta bene.
Sono stati speleologi e sommozzatori dei vigili del fuoco a liberare “gli ostaggi del mare” da quella trappola sommersa. Per fortuna l'intervento dei soccorritori ha fatto sì che quella che poteva trasformarsi in una tragedia di dimensioni ancora maggiori potesse concretizzarsi. Come spiega il capo ufficio Pubblica Informazione del corpo della Capitanerie di Porto, capitano di fregata Filippo Marini: “da subito è stato fatto tutto il possibile per soccorrere i naufraghi.
La Guardia costiera ha coordinato immediatamente tutti i mezzi presenti in mare. Motovedette sono partite da Livorno, Portoferraio, Porto Santo Stefano e dal Lazio (Fiumicino e Civitavecchia). Elicotteri sono arrivati dalla base aerea di Sarzana e nuclei sommozzatori da Genova, San Benedetto del Tronto e Napoli”.
Dalla Marina Militare si fa sapere che sono intervenuti elicotteri in dotazione alla Forza Armata, così come altri mezzi aerei sono stati messi a disposizione dall'Aeronautica Militare. Eccelso anche il lavoro di Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia.
Ma anche dei numerosi soccorritori (volontari di Croce Rossa Italiana, Misericordie, Croce Bianca). Una sinergia di forze impegnate nell'aiutare le persone in difficoltà.
Un aiuto davvero grande è arrivato anche dagli abitanti del Giglio che hanno aperto le loro case, hanno donato indumenti e coperte, cibo e medicinali per i feriti. I primi naufraghi sono stati trasportati a Porto Santo Stefano a bordo di traghetti intorno alle 2.30 della notte e lo sbarco di tutti è terminato alle 13 del sabato. “Devo dire – ha proseguito Marini della Guardia Costiera – che un valido aiuto è arrivato dal VTMIS (Vessel traffic management information system), un sistema monitor radar che indica il traffico navale ed è presente presso la centrale operativa della Guardia costiera di Roma. Ci ha consentito di individuare altre navi nelle immediate vicinanze a cui abbiamo potuto chiedere supporto”.
Tornando all'incidente, al momento dell'urto nell'area de Le Scole (il comandante ha detto che lo scoglio non era segnalato sulle mappe, cosa non vera), i passeggeri stavano partecipando alla seconda cena.
“Abbiamo sentito un boato – ha raccontato Patrizia Perilli, giornalista dell'Adnkronos, a bordo della nave col compagno Luciano, in banchina sabato mattina a porto Santo Stefano, ancora infreddolita -.Ci hanno detto che si trattava di un guasto elettrico, perché subito si è verificato un blackout. Solo quando ci hanno detto di infilarci i giubbotti salvagente abbiamo capito che cosa stava accadendo. La nave ha cominciato a inclinarsi. Ci hanno fatti salire sul ponte dalla parte più in alto della nave e hanno iniziato a calare le scialuppe, che però scivolavano lungo i bordi. Scene di panico: gente che si gettava sulle scialuppe già stracolme, bambini che piangevano. Gente che ha perso i propri familiari e gridava e persone cadute in mare. Abbiamo visto due dei morti stesi in banchina. E' stato tremendo. Quando abbiamo raggiunto la riva ci hanno portato nella chiesa aperta dal parroco, c'era molto freddo. Abbiamo perso tutti gli effetti personali, documenti, macchine fotografiche…”.
Due turisti francesi hanno raccontato di aver visto un connazionale gettarsi nella scialuppa e di avergli sentito dire che la moglie era in cabina. Temeva fosse annegata. Moltissimi gli stranieri a bordo, molti membri dell'equipaggio stranieri. Forse tra loro anche i 15 dispersi, rimasti intrappolati sotto il livello dell'acqua.
“I soccorsi – ha detto Ilaria Pascoli, giovane romana – sono arrivati velocemente, ma sono stati quelli interni a non funzionare. Il personale di bordo era impreparato. E' stato davvero come essere sul Titanic. Ci sentivamo scivolare verso il basso e abbiamo temuto il peggio. Non sappiamo come ci siamo salvati. Sappiamo solo che è un miracolo se siamo vivi”.
Ora dovranno essere gli inquirenti a stabilire le cause del naufragio e a dare le giuste responsabilità a chi le ha. Non spetta a noi dare giudizi prima che le indagini siano state portate a termine. Cosa certa è che Gianni Onorato, direttore generale della Costa Crociere ha assicurato: “non ci affideremo solo a una scatola nera per venire a conoscenza della verità. Intanto porgiamo le nostre più sentite condoglianze ai parenti delle vittime”.

Le Forze Armate italiane sono intervenute per concorrere nelle operazioni di ricerca dei dispersi e di soccorso e assistenza ai naufraghi.
In particolare, insieme con 3 elicotteri AB 412 della Guardia Costiera, sono stati impiegati 2 elicotteri EH 101 della Stazione elicotteri di Luni della Marina Militare e 1 elicottero HH 3F del 15° Stormo dell’Aeronautica Militare, che hanno svolto operazioni di recupero con verricello.
Inoltre, aderendo ad una specifica richiesta della Prefettura di Grosseto, il 4° Stormo dell’Aeronautica Militare, insediato sul locale sedime aeroportuale di Grosseto, ha fornito supporto logistico per l’accoglienza, all’interno delle proprie strutture, delle persone evacuate dalla Costa Concordia ed il reggimento “Savoia Cavalleria” dell’Esercito è intervenuto, con circa 30 uomini, presso Porto Santo Stefano per la registrazione dati e lo smistamento del passeggeri evacuati dalla nave e, successivamente, dall’Isola del Giglio a Porto Santo Stefano.
cortesia Chiara Giannini


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