10:03 sabato 04.05.2024
Somalia, guerre tra clan e desiderio di stabilità (Esclusiva)
Il Paese in guerra, cerca di organizzare istituzioni regolari con l'aiuto dell'Italia. Intervista con l'ambasciatore Fabrizio Marcelli
fotografie di: Daniel Papagni

05-01-2016 - Un gruppo di giovani immigrati somali, che hanno scelto la Svezia come Paese “accogliente”, affascinati dallo sport invernale, “Bandy”, simile all’Hockey su ghiaccio, ha deciso di dedicarsi a tale attività, pur non avendo, per ovvi motivi climatici, alcuna esperienza di “campi gelati”.
Non è stato un successo sportivo, essendo arrivati ultimi, ma un grande successo mediatico, tanto da guadagnarsi un articolo su il Guardian di Londra.
Sono circa tremila gli immigrati somali in Svezia, Nazione che attualmente sta riproponendo i controlli alla frontiera, come la vicina Danimarca, rinunciando agli accordi di Shengen.
In Italia, la diaspora somala resta numericamente assai inferiore rispetto ad altri Paesi: su un totale stimato intorno ai due milioni di persone che vivono fuori dalla Somalia, 6.200 si trovano sul territorio italiano.
Però, l’Italia è stato il primo Paese europeo a sperimentare la presenza di comunità somale nel proprio territorio a partire dagli anni Cinquanta (quando era operante in Somalia l'Amministrazione Fiduciaria Italiana incaricata di accompagnare il Paese verso una autonoma organizzazione istituzionale parlamentare).
Ed è ancora presente e protagonista nell’ambito della missione EUTMSomalia, sia nella attività di comando della missione, con il generale Antonio Maggi, sia nelle attività di addestramento dell’esercito somalo e delle forze di sicurezza.
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Nel corso del nostro ultimo viaggio a Mogadishu, abbiamo incontrato Fabrizio Marcelli, ambasciatore italiano per la Somalia, con il quale abbiamo avuto una interessante conversazione.
"In questi mesi ho visto un lento miglioramento, per quanto riguarda la pacificazione, la stabilizzazione, la formazione delle istituzioni; la Somalia ha adottato un'impronta federale, in cui si stanno costituendo le regioni somale future; si sta mettendo mano alla costituzione definitiva e tra qualche mese ci sarà un processo elettorale per eleggere un nuovo presidente della Repubblica".
Non saranno elezioni generali, come già ci aveva specificato l’advisor del Presidente della Repubblica federale somala, generale Abdirahman Sheikh Issa Mohamed, non sarà "una persona un voto".
In che modo il contributo italiano può favorire il processo di crescita in Somalia?
L'ambasciatore sottolinea che nel territorio gli Italiani sono attivi in tutti i campi:
"Dalla difesa, alla cooperazione, allo sviluppo; prima della guerra civile la Somalia era uno dei Paesi maggiormente beneficiari dell'aiuto italiano allo sviluppo del Paese; ora ci stiamo tornando; ogni anno aumentano gli aiuti a favore della sanità, della sostenibilità alimentare, educazione e cultura".
www.cybernaua.it/photoreportage/reportage.php?idnews=5186
Quanto l'Italia sta investendo in termini economici?
“Per la cooperazione e sviluppo siamo intorno ai 16 milioni di euro previsti per il 2016; siamo uno dei maggiori partner per lo sviluppo della Somalia. Altri investono più di noi, come i Paesi scandinavi.”
Sappiamo che almeno 300mila sono i rifugiati somali tra i quali numerosi che provvedono dallo Yemen, stiamo provvedendo anche a loro?
“Si. Oltre ai rifugiati vi sono anche più di un milione di sfollati.
Seguiamo il programma dell'Alto Commissariato per i rifugiati, aiutando il rientro dei rifugiati che ora stanno in Kenia, dove esiste il più grande campo di rifugiati del mondo, il Dadaab con circa 500mila rifugiati somali; noi affrontiamo economicamente un piano di sostegno finanziario per le famiglie che decidono di rientrare”.
I rapporti con AMISOM?
"L'AMISOM è una missione di peace enforcement, quindi una missione militare, che sino ad alcuni anni fa l'Italia ha aiutato; attualmente non abbiamo rapporti diretti, perché contribuiamo, attraverso l'Unione Europea, principale finanziatore della missione militare EutmSomalia, come missione di addestramento, mentre l'AMISOM è una missione di peace enforcing, che conduce offensive militari per recuperare territori ancora sotto il controllo di Al Shabab."
Di Al Shabab, essendo un movimento clandestino, non è possibile conoscere esattamente il numero di affiliati, tra i 5 mila ai 7 mila, che si scontrano tra loro, tra chi vorrebbe unirsi al Daesh e chi vorrebbe restare affiliato ad Al Qaeda. Si combattono tra loro e forse è anche un bene.
E' una guerra in una guerra; ultimamente da “guerra asimmetrica” sono passati a vera offensiva militare: hanno espugnato due basi AMISOM, presidiate da più di 100 effettivi, rimasti vittime o prigionieri; ed hanno presio gli armamenti.
Il caos che regna in Somalia, in guerra civile dal 1991, che ha provocato lo sfaldamento del Paese, non è dovuto a contrasti religiosi: il Paese è omogeneo, di religione musulmana sunnita.
“Permane la questione clanica, che divide i Somali: 4 clan principali ed alcuni minoritari che si contendono il potere.
La comunità internazionale cerca di dare aiuti per la ricostruzione del Paese, e, anche con il contributo italiano, penso che si stia riuscendo, continua a raccontare l’ambasciatore Marcelli, abbiamo contatti con la Diaspora in Italia; Somali professionisti laureati in Italia, cercano di rientrare in patria per aiutarne la crescita. E ci vuole anche coraggio, perché possono essere obbiettivi di Al Shabab, come è capitato ad alcuni amici Italo-somali, rientrati per collaborare in Patria e rimasti vittime di attentati o di omicidi.”
Il contributo italiano è apprezzato dai Somali, come apprezzato è il consistente intervento della Turchia nella realizzazione di strutture importanti, quali l'Aeroporto di Mogadishu, che sta costruendo nella sede del vecchio aeroporto; come il porto, che ha costruito e che gestisce; o il sistema di raccolta dei rifiuti urbani, come si evince dalle scritte sui cassonetti della spazzatura in città.
L'Italia è amata soprattutto dagli anziani, che ancora ricordano i tempi in cui l'AFI operava.
L'ambasciatore Fabrizio Marcelli è incaricato da circa un anno e mezzo, vive a Nairobi, Kenia, perché ancora non è costruita la sede dell'ambasciata italiana a Mogadishu, prevista nel compound MIA in cui sorge l’Aeroporto ed in cui ha sede la missione europea.
Per ora l’Italia ancora non ha costruito la sede diplomatica, dunque, l’ambasciatore può a ragione definirsi “pendolare”.
Maria Clara Mussa


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