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''Zeravani Tiger Training Center'', dove l'Italia addestra le forze di polizia del Kurdistan
I Carabinieri contribuiscono ad accrescere le competenze in ogni settore, compresa la gestione della ''scena del crimine''
fotografie di: E.Giuliani e J.Ames

28-03-2017 - Nel mezzo di un forte frastuono di colpi di artiglieria leggera, provenienti da un poligono di tiro situato poco distante, un istruttore dell’Arma dei Carabinieri maneggia abilmente un fucile per mostrarne il caricamento rapido ed efficiente, agli studenti radunati intorno.
Questi uomini, intenti ad ascoltare, sono membri degli Zeravani, corpo appartenente alla polizia militare curda, e seguono con attenzione i movimenti del loro istruttore, tentando di imitarne la padronanza. Ci mettono impegno e dedizione e, anche se il corso è cominciato solo da pochi giorni, la volontà esibita è fonte di soddisfazione per i Carabinieri impegnati nel loro addestramento. La sessione che stiamo osservando oggi riguarda l’uso corretto delle armi, ma il fine del corso impartito agli Zeravani è quello, più ampio e articolato, di renderli competenti e scientifici nella gestione della scena di un crimine, nella conduzione delle indagini e delle investigazioni nel momento del ritrovamento di corpi o di veicoli, nonché nella creazione e gestione di posti di blocco. Le lezioni si svolgono in lingua inglese, tradotte in curdo da un interprete.
L’addestramento, che avviene in un vasto sito alla periferia di Erbil, chiamato “Zeravani Tiger Training Center”, è il risultato di una collaborazione dei governi occidentali, a fronte della minaccia del Daesh.
La coalizione è composta da Americani, Italiani, Inglesi, Tedeschi e, in quantità minoritaria, da Olandesi, Norvegesi, Finlandesi e Ungheresi.
Al fine di amalgamare l’assistenza militare offerta da tutte queste nazioni, è stato deciso di operare nell’ambito di un programma conosciuto come “Kurdistan Training Coordination Center” (KTCC).
Gli italiani, secondi solo agli Americani come numero di truppe presenti in Iraq, offrono però qualcosa di particolare. L’Italia, infatti, è l’unico Paese che offre addestramento alle forze di polizia in tutta l’area, non solo in Kurdistan. In prima battuta, l’idea di un lavoro di polizia in una regione devastata da una guerra su vasta scala potrebbe sembrare irrilevante.
Invece, è importante sottolineare che gli Zeravani, come anche i Carabinieri, rappresentano un’importante forza di Polizia Militare. Sappiamo che, durante periodi di pace, i nostri uomini dell’Arma compiono mansioni di polizia, ma nel caso il nostro Paese si trovasse in guerra, i Carabinieri assumerebbero un ruolo operativo nei combattimenti. In altre parole, possono essere impiegati in operazioni differenti, senza snaturare l’essenza delle loro attribuzioni, e questo aspetto rende il loro impiego particolarmente importante. Gli Zeravani operano nello stesso modo. Sono sotto il controllo del Ministero degli Interni curdo, ma sono anche parte dei Peshmerga – le forze militari del Kurdistan – quindi forniscono supporto sia alla polizia civile che al corpo militare.
Alcuni istruttori dei Carabinieri, che hanno preferito rimanere anonimi, ci hanno spiegato che “Questo doppio impiego di uomini addestrati a sapersi muovere in scenari diversi sembra essere idoneo per le complessità del panorama del Kurdistan. Un giorno potrebbe essere necessario ricoprire le vesti di un poliziotto ed eseguire, quindi, un lavoro prettamente di polizia, il giorno dopo, invece, quello di soldato”.
Il lavoro di polizia è estremamente rilevante in Kurdistan e ha contribuito in modo concreto alle numerose sconfitte inflitte al Daesh, il sedicente Stato Islamico, sin dall’estate 2014.
Daesh ora è escluso dal territorio reclamato dal Kurdistan e sembra vicino alla sconfitta anche nel resto dell’Iraq.
Al momento, la preoccupazione del Kurdistan è quella di focalizzarsi sull’insurrezione, piuttosto che su una guerra meccanizzata su larga scala.
Molti qui credono che lo Stato Islamico potrebbe essere assai più pericoloso se piccoli gruppi, sparsi ma coordinati, nel momento della cacciata dai territori, lanciassero sommosse o conflitti ristretti.
“ISIS diventerà più pericoloso quando verranno completamente sconfitti. Ora sono contenuti sul terreno che controllano, ma dopo la sconfitta potrebbero spargersi ovunque", ci ha spiegato uno dei Carabinieri. I metodi di contenimento di una possibile insurrezione sono molto diversi rispetto a quelli usati in una guerra convenzionale. Questa fattispecie richiederebbe l'intervento massivo di uomini che svolgerebbero compiti prettamente riservati alla polizia. Un esempio specifico citato da un istruttore dei Carabinieri è quello di un costruttore di bombe che partecipi all’insurrezione e che, facilmente, potrebbe nascondersi ed agire in mezzo ai civili. Gli ordigni esplosivi improvvisati (C-IED) rappresentano una delle armi più potenti nell'arsenale dei rivoltosi. Sono altamente mortali e, in mani esperte, anche facili da preparare e posizionare.
"I militari sono necessari per liberare una città occupata dal nemico, ma poi deve intervenire il lavoro dei detective di polizia, indispensabile per disarmare e smantellare meticolosamente un ordigno esplosivo, preservarne le potenziali prove, rilevare le impronte digitali o tracce di DNA per risalire al costruttore", ha spiegato un istruttore dell’Arma.
L'addestramento svolto dall’Italia avviene in tre siti in Kurdistan – Sulaymaniyah, Atrush ed Erbil che ospita il centro più grande.
Anche in Iraq è presente un contingente dei Carabinieri che esegue un programma di addestramento a Baghdad per il governo iracheno, a Camp Dublin.
I militari curdi ed i Carabinieri mostrano di amare il proprio lavoro e di svolgerlo con competenza e cooperazione tra di loro, come abbiamo potuto constatare, osservando il rapporto collaborativo tra Italiani ed il capitano Darsem Mawlud, ufficiale coordinatore curdo presso il centro di addestramento.
Le cose comunque non sono sempre facili.
Alcune volte, all'inizio della formazione, gli studenti possono essere un po' restii o scettici sul nuovo addestramento. Ma i Carabinieri sanno bene come trattare gli uomini e le donne che da decenni, spesso senza addestramento alcuno, lottano sino allo stremo.
Per non urtare sensibilità già molto provate, gli istruttori offrono le loro competenze con tatto e discrezione, elargendo non solo consigli professionali o tecnici, ma anche vicinanza morale e sostegno psicologico.
Prima di impartire agli studenti il "giusto" modo di svolgere un’attività, gli Italiani vogliono conoscere il loro grado di competenza; quindi, gli Zeravani inizialmente mostrano come sono abituati a svolgere una determinata operazione.
Dopo di che, gli istruttori mettono in pratica la giusta tecnica, le procedure più sicure per qualsiasi tipo di intervento necessario in una determinata situazione, quasi ad integrare le esperienze dei frequentatori dei corsi con le metodiche che vengono loro insegnate dagli Italiani.
Negli anni, l’Italia ha addestrato migliaia di Iracheni e di Curdi e molti ancora dovranno apprendere una formazione di base.
Dalle stime di alcuni servizi militari segreti, saranno necessari 35.000 poliziotti per proteggere Mosul, quando Daesh verrà cacciato.
Con queste cifre, si prevede che l’Italia e le altre potenze occidentali che compongono il “Kurdistan Training Coordination Center” debbano rimanere in questa terra martoriata ancora per molto tempo.
Eleonora Giuliani e Justin Ames


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