10:06 martedì 07.05.2024
Esodo dall'Egitto
Racconto dettagliato di vita vissuta da turisti italiani, in ''vacanza prolungata'' a causa dei disordini di piazza contro Mubarak
fotografie di: Malavasi

18-02-2011 - Siamo partiti il 24 gennaio, quando ancora regnava la calma, per una crociera sul Nilo, in sette amici, a bordo della motonave Nile Festival. Viaggio e crociera erano stati organizzati dal tour operator Springstour.
Fino ad Assuan tutto bene. La crociera si è svolta in modo regolare anche se, già dopo il secondo giorno, iniziavamo a ricevere informazioni circa disordini nelle città del Cairo, Alessandria e Suez. La Farnesina, per esempio, a conoscenza dei nostri nominativi e numeri di cellulare, in quanto ci eravamo iscritti, prima di partire, nel sito “dove sei nel mondo”, ci inviava i seguenti due sms:
- In ragione manifestazioni previste oggi in Egitto, si raccomanda massima cautela nel frequentare luoghi affollati, evitando zone di assembramento (SMS inviato il 25/01 ore 19.40)
- In occasione manifestazioni previste domani nel paese si raccomanda estrema cautela negli spostamenti e di evitare luoghi di assembramento anche religiosi. Per gravi emergenze contattare 0020227943194 numero staccato dell’Unità di crisi della Farnesina (SMS inviato il 27/01 ore 20.22)
Finivamo le visite programmate ad Assuan venerdì 28 gennaio all’ora di pranzo. Avendo il pomeriggio libero, avevamo organizzato di andare a visitare il mercato delle spezie. Prima di scendere dalla nave, ci siamo informati se fosse rischioso sbarcare, ma siamo stati rassicurati che ad Assuan non vi erano state tensioni e che i turisti non correvano alcun pericolo.
Alle ore 16.00, noleggiata una carrozzella, ci siamo diretti verso il centro della città. All’altezza della stazione ferroviaria, abbiamo notato un transennamento, ma ci veniva detto che la deviazione del traffico era causata da un incidente automobilistico. Il conducente della carrozzella ci scaricava all’inizio del mercato e ci dava appuntamento alle ore 18.00 per riaccompagnarci in nave.
Dopo aver visitato il mercatino, mentre ci stavamo dirigendo al luogo dell’appuntamento, siamo rimasti coinvolti in uno scontro fra manifestanti e polizia, con tanto di lancio di gas lacrimogeni. I negozianti ci hanno letteralmente strappati dalla strada, per nasconderci all'interno delle botteghe, mettendosi poi loro stessi a protezione dell'ingresso e continuando a ripeterci di non aver paura, poiché nel retrobottega eravamo al sicuro.
L’odore dei gas era terribile, oltre a piangere, ci bruciavano naso e gola. Sbirciavamo uomini, donne e bambini egiziani fuggire piangendo e urlando in ogni direzione. Abbiamo atteso che tornasse un po’ di calma, poi ci siamo diretti correndo verso il Nilo, dove abbiamo trovato la polizia turistica, cui abbiamo chiesto aiuto. Mentre ci scortavano fino alla nave, abbiamo visto numerose camionette armate e squadroni di poliziotti in tenuta antisommossa.
Il giorno seguente, il referente della Sprintours durante la navigazione di ritorno verso Kom Ombo, navigazione non più tanto sicura, visto che ad Assuan, a difesa dei turisti, erano stati imbarcati a bordo di tutte le navi militari armati di mitra, ci ha comunicato la sua intenzione di abbandonare la Nile Festival al primo attracco. Solo in seguito scoprivamo che il referente era un militante della rivoluzione.
Saltate, sempre per motivi di sicurezza, sia la tappa di Kom Ombo sia quella di Edfu, abbiamo continuato a navigare ininterrottamente fino a Luxor, dove siamo giunti all’alba.
Ormeggiati in decima fila, in un mare di navi, tutte rifugiatesi a Luxor, siamo andati a far colazione e ci siamo accorti che il responsabile della Sprintours era effettivamente sparito, lasciando la responsabilità del gruppo alla guida turistica.
Scesi a terra con la guida, abbiamo visitato il tempio di Luxor, stupiti dalla poca gente presente, nonostante l’elevatissimo numero di navi attraccate. Alle nostre domande, la guida ci informava, che solo pochi turisti erano scesi a terra, poiché i governi di molti paesi avevano impedito ai rispettivi cittadini di allontanarsi dalle navi, data la situazione di grave pericolo.
Ma non l’Italia.
Per questo motivo solo noi, e pochi altri, stavamo proseguendo col normale programma di visite.
Rientrati sulla Nile Festival all’ora di pranzo, la guida ci salutava, raccomandandoci di non lasciare la nave per alcun motivo.
Il nostro stato d’animo peggiorava sempre più, mentre la preoccupazione circa il nostro rientro in Italia aumentava di ora in ora.
L’impossibilità di contattare i nostri cari, a causa del black-out sia dei telefonini che di internet, ci faceva sentire isolati. Inoltre, le notizie del TG italiano, che mostrava i tabelloni dell’aeroporto de Il Cairo con tutti i voli cancellati e la gente ammassata, ci allarmavano sempre più.
Finalmente, in serata, riuscivamo a contattare il responsabile della Sprintours de Il Cairo, che ci garantiva la regolarità dei nostri voli dell’indomani e ci assicurava che, all’aeroporto di Luxor, avremmo ricevuto contestualmente entrambe le carte d’imbarco quella Luxor-Cairo e quella Cairo-Milano per cui, una volta atterrati a Il Cairo, saremmo passati direttamente dall’area di transito, in totale sicurezza.
Negava anche la veridicità delle informazioni da noi ricevute, consigliandoci di non credere alle notizie televisive.
Poco dopo però ci veniva comunicato che la partenza del gruppo dalla nave, inizialmente prevista per la mattina seguente, lunedì 31 gennaio, alle ore 5.30 con decollo da Luxor per Il Cairo alle ore 7.35, veniva posticipato alle 8.00, rendendo di fatto molto improbabile la coincidenza a Il Cairo col volo delle 10.00 per l’Italia.
Non fidandoci più del tour operator, visto che il referente ci aveva abbandonato nel momento del massimo pericolo e che l’organizzazione stava facendo acqua da tutte le parti, abbiamo chiesto al comandante della NILE FESTIVAL l'eventuale ospitalità in caso di annullamento del volo, soprattutto in considerazione dello stato di salute di una componente del gruppo, classe 1927 che, avendo la febbre alta, non poteva certo sostenere un bivacco in aeroporto.
L’indomani, alle ore 8.00, un pulmino mandato dalla Sprintours, ma con personale che non parlava assolutamente italiano ed in modo approssimativo anche l’inglese, ci è venuto a prendere per accompagnarci all'aeroporto di Luxor, dove, sui tabelloni, tutti i voli risultavano cancellati. L'accompagnatore insisteva per farci aspettare a tempo indeterminato un aereo diretto a Il Cairo. Alle nostre richieste, riguardo la doppia carta d'imbarco che ci era stata promessa, si arrabbiava e perseverava nel tentativo di inserirci ad ogni costo nel primo volo in partenza, pur sapendo che a Il Cairo non vi era più alcuna possibilità di una coincidenza per l’Italia e che il nostro destino sarebbe stata una lunga permanenza in un aeroporto già affollatissimo.
Sempre all'aeroporto di Luxor, apprendevamo dagli annunci che il coprifuoco, già in vigore a Il Cairo, era stato esteso a tutto il territorio nazionale dalle ore 16.00 alle ore 8.00 del mattino e che, di conseguenza, nessun volo civile era più ammesso in tali orari, destinati esclusivamente alle ricognizioni dei velivoli militari.
Di fronte a tante incertezze riguardo i voli e all’impossibilità di restare nella zona di transito una volta atterrati a Il Cairo, la soluzione più sicura ci è parsa il ritorno alla nave, dove siamo stati accolti con grande cortesia e umanità. Questa iniziativa non è però stata gradita né dal nostro accompagnatore, né tanto meno dal referente del tour operator, peraltro fuggito ai primi disordini, il quale, al telefono, ha dichiarato che la Sprintours non si riteneva più vincolata ad offrirci assistenza e/o a riorganizzare il nostro rientro in Italia.
A bordo della Nile Festival, il comandante ci offriva sia vitto, sempre abbondante e di ottima qualità, sia alloggio nelle nostre cabine, facendo di tutto per rendere il più piacevole possibile la nostra “prigionia dorata”.
Infatti, consapevoli dell’enorme responsabilità che si era preso nell’accoglierci, gli avevamo promesso che non saremmo mai scesi a terra per tutta la durata della nostra permanenza a bordo.
Nel frattempo, i parenti in Italia contattavano la Farnesina, che forniva il numero telefonico del console di Luxor alloggiato allo Sheraton.
Peccato che il numero fosse inesistente e che il console non vi risiedesse più da oltre un anno!!!
Continuavamo a fare il numero d’emergenza indicatoci dalla Farnesina nel messaggio di cui sopra, ma invano!
Risultava sempre occupato e per tutta la nostra permanenza in Egitto, nonostante infiniti tentativi giorno e notte, non siamo mai riusciti ad ottenere risposta!
Abbiamo quindi cercato il numero dell'Ambasciata italiana a Il Cairo. Parlando a più riprese e con vari funzionari, tutti unanimi nell'affermare che avevamo fatto bene a fermarci a Luxor, perché la situazione nell'aeroporto della capitale era assolutamente ingestibile, eravamo sempre più convinti di avere fatto la scelta più intelligente. L’ambasciata ci rassicurava ulteriormente che la Farnesina stava organizzando dei C130 militari per il rimpatrio degli italiani rimasti bloccati in Egitto.
Dato che nel nostro gruppo vi era anche un colonnello pilota in pensione, lo stesso chiamava l’aeronautica militare, chiedendo se fosse previsto un C130 anche per gli italiani rimasti a Luxor. L’aeronautica informava immediatamente la Farnesina, nonché l’addetto militare a Il Cairo della nostra presenza.
Il “tam-tam” cominciava a funzionare. Nel giro di poco ci telefonavano personalmente sia dall’addetto militare a Il Cairo, sia dal console di Luxor che, gentilissimo, mandava un medico a bordo per visitare la malata, cui veniva diagnosticata una brutta bronchite. Lo stesso medico le forniva anche le medicine necessarie.
Mercoledì mattina, il receptionist della Nile Festival ci informava, con grande rammarico, del disarmo totale della nave. Sia il personale di bordo, sia noi, dovevamo lasciare l’imbarcazione entro la serata, poiché la stessa doveva andare in “rimessa”.
Lo stesso, un ragazzo davvero gentilissimo, rifiutava categoricamente la nostra mancia, affermando che, dato i frangenti, avevamo certamente più bisogno di soldi noi rispetto a lui.
Ci siamo quindi rivolti, nuovamente in cerca di aiuto, al console di Luxor che ci trovava una sistemazione in un hotel a 3 stelle nel centro città, vicino alla Chiesa Cattolica, naturalmente a nostre spese.
Il console, oltre ad aver negoziato un prezzo speciale per noi, ci informava della presenza di dieci archeologi romani, alloggiati presso i frati francescani, nonché della sua intenzione di raggruppare tutti gli Italiani nella chiesa al momento del rimpatrio.
Dopo esserci sistemati presso l’hotel Emilio, comunicavamo il nostro trasferimento all'Ambasciata, restando fiduciosi in attesa del tanto millantato ponte aereo.
Le notizie si facevano però ogni giorno più preoccupanti: al caos aeroportuale, dove il numero delle persone in attesa di fuggire dall’Egitto era salita a ben 18.000 persone che bivaccavano già da giorni con cataste di bagagli abbandonati dappertutto, si aggiungevano brutalità di ogni genere, commesse da bande di delinquenti.
Erano state infatti assaltate le carceri e liberati, non solo i detenuti politici, ma anche i criminali, i quali stavano mettendo a ferro a fuoco le città. Non erano solo i musei ad essere saccheggiati, ma anche banche e negozi. I binari della ferrovia erano stati divelti e rubati. L’ospedale pediatrico oncologico era stato attaccato, i bambini buttati in terra ed i letti trafugati. Venivano stuprate donne, razziate e incendiate case private, sgozzato chi opponeva resistenza. I dimostranti a centinaia di migliaia si riversavano nelle piazze. A Il Cairo, i cecchini sparavano sui manifestanti anti Mubarak. La tv di Al Jazeera mostrava cariche di uomini in sella ai dromedari che infierivano sulla folla e camionette della polizia che, passando a velocità elevata, investivano la gente e ne buttavano i corpi in aria come birilli.
Eravamo ormai in piena rivoluzione ed il pericolo dello scoppio di una guerra civile si faceva di ora in ora più temibile.
Per fortuna a Luxor, dopo le violenze iniziali che avevano visto l’aggressione alla casa del sindaco e ad alcune banche, nonché il tentativo di assaltare il tempio di Karnak, era tornata la calma, anche se carica di tensione.
Anche Luxor era presidiata ovunque da soldati in tenuta da guerra, reticolati, cavalli di frisia e numerosi mezzi militari, tra cui blindati e persino un carro armato che, di tanto in tanto sferragliava minaccioso per le vie cittadine.
Guardie armate erano state messe, oltre che a protezione dei monumenti più importanti, anche tutto intorno al nostro hotel.
In questa situazione ci giungeva la proposta davvero inspiegabile dell'Ambasciata che, contrariamente alla linea di condotta fin qui tenuta, ci invitava a volare a Il Cairo, dove avremmo dovuto acquistare un biglietto Alitalia per rientrare a Milano. Eravamo davvero stupiti, anche perché avevamo più volte comunicato di essere in possesso di biglietti “open” dell’Egyptair, validi fino al 24 febbraio.
Al nostro quesito, dove fosse finito il tanto pubblicizzato ponte aereo, ci veniva risposto, che non erano più previsti aerei militari per il rientro degli italiani bloccati in Egitto. Un colpo al cuore!
Ma come? Tutti i mass media continuavano a sostenere che i voli dei C130 sarebbero proseguiti fino al rimpatrio dell’ultimo italiano…
Va necessariamente chiarito, che qualsiasi missione di recupero di connazionali all’estero, viene organizzata solo ed esclusivamente dalla Farnesina. Per questo motivo, l’Aeronautica Militare non poteva far decollare alcun aereo diretto in Egitto in mancanza dell’ordine specifico in tal senso.
La stessa ambasciata ammetteva, che la Farnesina aveva organizzato un solo C130 per il rientro in patria degli italiani, quello atterrato a Pratica di Mare con una settantina di persone a bordo e, ovviamente, mostrato in tv. Per le migliaia di italiani in fuga dall’Egitto restava quindi un’unica possibilità: trovare un volo civile ed acquistarne il biglietto.
Chiedevamo al funzionario dell’ambasciata, l’ammontare del costo del nuovo biglietto dato che, con tutte le spese che stavamo sostenendo in proprio e le carte di credito non funzionanti, a causa del black out informatico, iniziavamo ad avere anche problemi di soldi. Per di più, l’unica volta che eravamo riusciti a collegarci ad internet, cercando un volo che ci portasse fuori dall’Egitto senza passare necessariamente da Il Cairo, avevamo notato un aumento considerevole dei prezzi dei biglietti aerei, rispetto a quelli praticati prima dello scoppio dei disordini. Avevamo pertanto la spiacevole sensazione che si stesse lucrando sulla tragedia. Il funzionario dell’ambasciata ci rispondeva, che il suo incarico si esauriva nella prenotazione dei posti aerei e che non era suo compito informarsi dei costi.
Riepilogando: la proposta dell’ambasciata, ricevuta mercoledì 2 febbraio, - il cosiddetto “mercoledì nero” nel quale i due gruppi di manifestanti a Il Cairo si sparavano addosso con centinaia tra morti e feriti - consisteva nel farci partire da Luxor giovedì 3 febbraio - proprio il giorno della “caccia allo straniero” e del ferimento di vari giornalisti, uno dei quali, accoltellato alla gola e allo stomaco versava in gravissime condizioni - per poi restare in aeroporto tutta la notte nella speranza di riuscire ad imbarcarci, a nostre spese, su un volo Alitalia venerdì 4 febbraio - giornata in cui era prevista la più imponente manifestazione con milioni di dimostranti in Piazza Tahrir e con tutte le tv che parlavano apertamente di guerra civile.
Come al solito ci trovavamo di fronte ad una quantità di incognite: sicurezza, esborso, possibilità reale di volare, etc. etc. etc., motivo per cui abbiamo preferito temporeggiare, prolungando la permanenza nella pseudo tranquillità di Luxor, sia per verificare lo sviluppo della situazione politica dopo la preghiera del venerdì, sia perché la stessa Egyptair ci consigliava di pazientare, garantendoci la validità dei nostri biglietti aerei. Il non aver accettato la proposta dell'ambasciata ci ha però tagliato fuori da ogni ulteriore interessamento.
Dalla telefonata di cui sopra a tutt’oggi non si è più fatto vivo nessuno! Siamo stati abbandonati a noi stessi, non soltanto dal tour operator, ma anche dai nostri diplomatici!!!
Ormai ci sentivamo dei profughi, ma ben integrati nell’ambiente: mangiavamo nei botteghini egiziani, familiarizzavamo col popolo, iniziavamo a masticare qualche parola in arabo e, per poter comunicare più facilmente, ci eravamo procurate della schede telefoniche egiziane. La nostra vita si svolgeva tra lunghi “consigli di guerra” fra di noi, spesso comprensibilmente indecisi su quale fosse, di volta in volta, la mossa più saggia; bucati nei lavandini poi stesi ad asciugare sui balconi; risate esorcizzanti e lunghe ore di inattività in piscina, ascoltando ansiosi ogni richiamo alla preghiera, in particolare quelle delle 12.00 e delle 17.00.
Anche se non comprendevamo nulla, ci allarmava il tono, di giorno in giorno più sbraitante, dei Muezzin. Spesso, dopo la preghiera, anche a Luxor si formavano dei cortei, in parte pro, in parte contro Mubarak, ma per fortuna di poca entità e, soprattutto, non armati.
Il venerdì, dopo che per fortuna l’esercito era riuscito a tenere divisi i due gruppi di dimostranti a Il Cairo, quelli contro e quelli pro Mubarak, i 10 archeologi romani volavano con l’Egyptair a Il Cairo. Da lì, molto gentilmente ci informavano che la situazione in aeroporto era migliorata. Avrebbero trascorso la notte nell’aerostazione e sarebbero poi partiti l’indomani per l’Italia, avendo acquistato un volo Alitalia.
A questo punto ci siamo azzardati ad uscire dall’hotel per recarci personalmente all’Egyptair ed informarci sulla situazione dei voli. Ci veniva detto che l’aereo per Milano del sabato mattina era regolarmente decollato e che, speravano, non vi sarebbero stati problemi neppure per quello dell’indomani. Ci hanno quindi proposto di partire la sera stessa, sabato 5 febbraio alle 20.40 con il volo diretto a Il Cairo e la domenica 6 febbraio alle 10.00 con quello per Malpensa, garantendoci nel contempo che, qualora il vettore per Milano fosse stato soppresso, ci avrebbero imbarcato su un altro aereo diretto in Europa e poi da lì in Italia.
Abbiamo accettato, pur sapendo che dato il coprifuoco, non avremmo potuto uscire dall’aeroporto della capitale per raggiungere un hotel e avremmo dovuto bivaccare nell’aerostazione…. ma, per lo meno, per una notte soltanto.
Alla sera, giunti con notevole anticipo in aeroporto a Luxor, scoprivamo che il nostro volo per Il Cairo era stato cancellato. Fortunatamente era però in partenza un aereo sempre con destinazione Cairo, ma via Assuan. Venivamo immediatamente imbarcati e verso le 23.00, dopo lo scalo ad Assuan, atterravamo a Il Cairo.
Recatici subito all’ufficio aeroportuale della Egyptair, aperto tutta la notte, per avere informazioni sul volo dell’indomani per Milano, ci veniva detto di tornare alle cinque del mattino.
Sistemati alla bella e meglio aspettando l’alba, ogni tanto davamo sconsolati un’occhiata ai tabelloni degli arrivi e delle partenze, tutti regolarmente cancellati.
Finalmente, dopo vari su e giù dall’ufficio della Egyptair, alle 8.30 ci venivano consegnate le carte d’imbarco per Milano. Un’esplosione di grida di gioia!
Si torna a casa!
Ed infatti, poco dopo le 14 di domenica 6 febbraio, atterravamo sani e salvi a Malpensa. L’avventura egiziana era finita!
Gabriella Boroni


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